martedì 29 giugno 2010

Un incontro con l'A.I.D.O.

18.03.2009 22:26
Lo scorso 7 marzo, nell'ambito del Progetto Scuola e Volontariato in Toscana 2008-2009, si è svolto il secondo incontro delle classi II A e III A dell' indirizzo per i servizi sociali con l'A.I.D.O - Associazione Italiana per la Donazione di Organi Tessuti e Cellule Onlus. Presso la sede di Via Brigate Partigiane, la dott.ssa Paola Barabesi ha presentato ai ragazzi il dott. Roberto Madonna, Direttore del Reparto di Anestesia e Rianimazione dell' Ospedale di Grosseto, che, rispondendo ai dubbi e alle domande sollevate dai ragazzi, ha approfondito alcune questioni di carattere medico e scientifico, soffermandosi sul significato del morire e sui concetti di morte cardiaca e di morte encefalica o morte cerebrale definitiva. L'accertamento di quest'ultima, ad opera di una equipe di medici, viene attestata e certificata solo se la cessazione di ogni attività del cervello è totale e irreversibile per un periodo di osservazione non inferiore a sei ore. Solo in questo caso, e in presenza di una esplicita dichiarazione di volontà alla donazione, si può effettuare il trapianto degli organi. "I donatori di organi - ha spiegato ai ragazzi il dott. Madonna - possono essere persone di qualunque età che muoiono in ospedale nelle Unità di Rianimazione a causa di una lesione irreversibile al cervello e i cui organi, dopo attenta e scrupolosa valutazione dei medici, sono ritenuti idonei al trapianto". A differenza degli organi, i tessuti, come ad esempio quello corneo, possono invece essere espiantati anche dopo la morte cardiaca del soggetto. L' interessante anche se impegnativa discussione sui termini e sui concetti di cardiocentrismo ed encefalocentrismo è stata, dunque, al centro dell'incontro che è poi proseguito con il racconto di alcune esperienze personali dei ragazzi e della stessa dott.ssa Paola Barabesi. Al termine della lezione-dibattito, ai ragazzi e ai docenti Rosa Oliviero e Aldo Maiorano, sono stati offerti alcuni gadgets dell'A.I.D.O. e fornite alcune indicazioni operative alle due studentesse in procinto di svolgere lo stage presso l'Associazione.


A cura di Aldo Maiorano

La "Bottequa" del commercio solidale

22.01.2009 19:27


Nell'ambito del Progetto Scuola e Volontariato in Toscana 2008-2009, promosso dal Centro Nazionale per il Volontariato, in collaborazione con il Cesvot e l'Ufficio Scolastico Regionale, la classe III A dell'indirizzo per i servizi sociali, ha partecipato ad una delle attività prescelte di "Stop and go". Obiettivo dell'attività era quello di sensibilizzare i ragazzi sul problema degli squilibri economici e sociali tra Nord e Sud del mondo ed educarli ad un consumo più sobrio e responsabile, rispettoso dei diritti dell'altro. Il 12 gennaio gli studenti hanno incontrato in classe una delle volontarie dell'associazione "Ex Aequo" che gestisce una Bottega del Mondo a Grosseto, dove si pratica commercio equo e solidale. I principi e i criteri del mercato equo - solidale quale forma di scambio con le realtà produttive del Terzo Mondo, diversa da quella del mercato tradizionale, sono stati illustrati ai ragazzi non in modo astratto e verbale ma attraverso un gioco di ruolo e una simulazione di un'attività economica, allo scopo di coinvolgere in modo più attivo la loro partecipazione. L'incontro a scuola ha avuto la sua naturale prosecuzione nella visita a "La Bottequa", dove un'operatrice dell' associazione ha ricostruito una breve storia del commercio equo e solidale in Toscana (dalla lontana commercializzazione del caffè alla nascita nel 1990 della prima centrale di importazione CTM - Cooperazione Terzo Mondo, fino alle oltre venti botteghe oggi attive nel commercio equo) e ha presentato ai ragazzi i prodotti in commercio nel negozio. Nel corso della visita i ragazzi hanno avuto modo non solo di rendersi conto dell'ormai estrema varietà dei prodotti commercializzati (cesti, mobili in bambù, stoffe, oggetti variopinti e dalla forma inusuale, spezie profumate, cioccolata, caffè, zucchero, giocattoli, strumenti musicali, jeans...) ma anche di ricevere informazioni sui paesi di provenienza delle merci e sulla trasparenza dei prezzi dei prodotti (spese di trasporto, import, tasse...). Al termine della visita, dopo una degustazione di cioccolatini gentilmente offerti dai gestori della "Bottequa", e dopo qualche piccolo acquisto, ai ragazzi sono stati consegnati alcuni materiali informativi e una scheda riepilogativa sui principi del commercio equo e solidale: prezzo equo, piena dignità del lavoro, democrazia, retribuzione sindacale minima, non sfruttamento del lavoro minorile, sostenibilità ambientale, solidarietà sociale e trasparenza dei prodotti e dei loro prezzi.
A cura di Aldo Maiorano

Volontariato e cittadinanza attiva

16.01.2009 08:43
Mercoledì 3 Dicembre 2008, nell'Aula Magna dell'Istituto Professionale "Luigi Einaudi" di Piazza De Maria, si è svolto il primo dei tre incontri rivolti alle classi dell' indirizzo Servizi Sociali. L'iniziativa è stata organizzata dai docenti Emilia Scotto e Aldo Maiorano, con il fine di far conoscere agli studenti le associazioni di volontariato e gli enti e le strutture sociali presenti sul territorio. Gli altri due incontri si sono svolti nei giorni 12 e 17 Dicembre, in collaborazione con il "COeSO", un'azienda speciale consortile nata per gestire i servizi socio assistenziali, di integrazione socio sanitaria e di politiche sociali. Al primo incontro hanno partecipato le classi I, II, III del corso per operatore sociale e IV e V del corso per tecnico dei servizi sociali (circa 60 studenti, iscritti ai corsi per ragazzi e per adulti). Le attività sono state numerose e articolate: dalle relazioni di esperti, ai video su attività svolte dai ragazzi nell'ambito dei campi estivi "Summer in action" e degli "Stage di Solidarietà", discutendo con gli studenti i concetti di volontariato e cittadinanza attiva. Gli incontri hanno stimolato la riflessione critica sulle principali conoscenze, competenze e capacità necessarie all'operatore sociale e al tecnico dei servizi sociali nella loro vita professionale. È stato proiettato e commentato anche un filmato, realizzato dalla prof.ssa Scotto, sulle attività curricolari ed extra-curricolari svolte in questi primi due anni nelle classi dell'indirizzo sociale per ragazzi: dal progetto sulla Clownterapia culminato nell'incontro a Grosseto con Caterina Bellandi, fino alle più recenti attività organizzate nel nuovo Laboratorio di Servizi Sociali, allestito nella sede di via Brigate Partigiane.
Le iniziative hanno visto anche la partecipazione del Segretario della Pro Loco "Alborensis" di Alberese, Massimo Chiappi, che ha illustrato le finalità delle Pro Loco quali associazioni su base volontaria di natura privatistica, apolitica e senza scopo di lucro, ma con rilevanza pubblica e finalità di conoscenza, tutela, valorizzazione, fruizione, conservazione e promozione delle realtà e delle potenzialità turistiche, naturalistiche, culturali, artistiche, storiche, sociali ed enogastronomiche del territorio. Anche la Pro Loco Alborensis,costituita con la presidenza di Luca Varaglioti alla fine del 2004 e dal 2005 associata all'UNPLI (Unione Nazionale Pro Loco d'Italia)è un'associazione che si avvale in modo determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti e svolge l'attività di volontariato autonomamente e/o in collaborazione con il Comune e altre associazioni ed Enti pubblici e privati. Dopo averne ricostruito la cronistoria e riassunto, anche con l'ausilio di immagini e fotografie tratte dal nuovo sito web www.prolocoalborensis.it, le iniziative svolte nel corso dell' anno, Massimo Chiappi si è soffermato sulle diverse attività della Pro Loco e innanzitutto sull' inaugurazione della nuova struttura di INFO-POINT, allestita nella piazza di Alberese. Ai partecipanti all' incontro sono state distribuite alcune schede esplicative sulla storia di Alberese e del suo territorio e sulle finalità della Pro Loco. L'incontro si è concluso, dopo un breve dibattito, con la proiezione di un video, per la regia di Francesco Falaschi, sul Parco Regionale della Maremma.


A cura di Aldo Maiorano

Campus di formazione contro la violenza sulle donne

23.11.2008 12:26

Nei giorni 20 e 21 Novembre 2008, presso l'Hotel - Centro Congressi Fattoria La Principina, in località Principina Terra (Gr), due alunne della III A dell' indirizzo per Operatori Sociali, Bianchini Veronica e Zenobi Ilaria, accompagnate da Aldo Maiorano, insegnante referente per l' a. s. 2008-2009 della Consulta Provinciale degli Studenti, hanno partecipato al Campus di formazione sul tema della Violenza sulle donne secondo la metodologia delle Life Skills - Peer Education. Il corso è stato organizzato - in occasione delle iniziative per la celebrazione del 25 Novembre, dichiarata dall' O.N.U., giornata mondiale contro la violenza sulle donne - dal Consiglio Provinciale in collaborazione con l' U.O.C. Educazione e Promozione della Salute della ASL 9 di Grosseto, con il patrocinio dell' Ufficio Scolastico Provinciale, e rivolto, in particolare, ai componenti e referenti del Consiglio Provinciale degli Studenti. Il corso è stato inaugurato dal Presidente del Consiglio Provinciale Massimo Borghi e da Vittoria Doretti dell' U.O.C. Educazione e Promozione della Salute ed ha preso l' avvio, dopo il saluto del Prefetto e del Comandante Colonnello dell'Arma dei Carabinieri di Grosseto agli studenti, con un focus group, articolato sullo scambio reciproco di esperienze personali e professionali, preceduto dai contributi forniti dalla dott.ssa Gabriella Lepri del Centro Antiviolenza Olympia de Gouges e da una presentazione di diapositive del Dirigente Medico Vittoria Doretti, che ha illustrato, con alcuni dati statistici a livello mondiale e nazionale, il fenomeno particolarmente allarmante ed esteso della violenza fisica, sessuale e psicologica sulle donne. Giovanna Laccone, coordinatrice dello staff degli insegnanti referenti, ha illustrato le regole del Campus e organizzato le varie attività: lavori di gruppo, role playing, simulazioni e attivazioni per la Peer - Education. Nel pomeriggio si è svolto il Laboratorio di Animazione e Gioco Teatrale Sai riconoscere Barbablù, in collaborazione con l'Accademia Amiata Mutamenti, con la partecipazione del regista Giorgio Zorcù e dell'attrice Sara Donzelli ed è stato proiettato un video sul rapporto tra Amore e Violenza. Molti gli argomenti affrontati e discussi nei lavori di gruppo: la violenza contro le donne, il rapporto tra violenza e rabbia/frustrazione/ impotenza e ricerca del potere, il concetto di femminilità e identità di genere femminile e maschile, con riflessioni acute e approfondite elaborate dai ragazzi nelle diverse fasi del lavoro. Il 22 novembre sono stati ripresi i temi affrontati nella giornata precedente, con particolare riferimento alle tematiche dell'amore e alle pratiche quotidiane dei rapporti di coppia, interrogandosi sulle gravissime conseguenze di relazioni affettive distorte e stereotipate tra uomini e donne. I lavori si sono conclusi con l' esposizione, da parte dei ragazzi, di alcune linee guida e proposte sul tema specifico della violenza di genere, allo scopo di facilitare il lavoro dei peer educators, all'interno dei singoli istituti scolastici.

A cura di Aldo Maiorano

Piccolo album di rime e ottave maremmane (2007-2009)

Vivesse Maremma. Morrei contento.
(Leopoldo II di Lorena granduca di Toscana)

Maremme, o Maremme, bellezza immite nata dalla Febbre e dal Sole, o regni diurni di Dite, voi l'anima mia sogna!
(Gabriele D'Annunzio, Alcione DITIRAMBO I)

Le Maremme sono ancora il posto più bello e più pulito del mondo.
(Luciano Bianciardi)

UNA CORSA IN ...RAMA
Una corsa in rima sulla navetta della Rama,
dentro il Paradiso: che magia, il panorama!
Fermata di Alberese, all’ombra, di una panchina:
ore 8.00, sotto il cielo blu di una splendida mattina!
Parte in orario il bus, diretto alla Marina,
alla mia sinistra, ecco i monti dell’Uccellina.
La strada corre tra girasoli e ulivi,
verso la bocca dell’Ombrone,
poi si entra nel Far West:
Spergolaia, però, è il suo nome!
Da un lato vacche e tori, allo stato brado,
dall’altro tanti cavalli.
Sembra un ranch del Colorado!
Due cinghialini rovistano nei campi,
una lepre salta giù dal fosso.
S’alza la sbarra. Il tramonto, stasera,
tutto il cielo tingerà di rosso!
Corre, adesso, il pullman della Rama,
lanciato come un missile arancione,
nel tunnel verde della pineta,
ma le cicale fanno più rumore,
coprendo il rombo del motore.
La strada è lunga e stretta
e sembra proprio che non finisca più:
ma, in fondo, ecco l’uscita:
un grande occhio tondo e blu.
Presso la casa dei pinottolai
tre daini attraversano il canale:
incrocio gli occhi di una volpe,
che nel bosco poi scompare.
Scendo dal pullman e m’incammino
sulla spiaggia, per oltre un miglio,
tra l’Elba e L’Argentario,
davanti c’è l’isola del Giglio.
Tra le dune di sabbia, la macchia e i tronchi,
tra mare e cielo, sole, vento e monti,
le torri fanno ancora da sentinella
là davanti al grande mare:
ma la Maremma amara ora è dolce e bella,
non più pirati, né paludi né malaria:
la Maremma terra d’amare.
Scriveva Bianciardi, forse pentito,
ma il giudizio è ancora buono:
il posto più bello e più pulito
del mondo le Maremme sono!
C’è una corsa della Rama
che porta al Paradiso:
la Natura qui ha il suo regno
e della Bellezza mostra il viso.
Per quanto resisterai, cara Maremma,
sempre più rara e preziosa gemma,
all’assalto dei caimani,
del turismo e del cemento?
Alla Rama e al Parco, io, già domani
farei, solo per questo, un monumento!

ALBERESE
Alberese è una frazione
del comune di Grosseto,
poco più di mille persone,
tra campi, vigne
e qualche uliveto.
Tra Rispescia e Talamone,
un paese piccolo e quieto:
di là l’Amiata con la sua cima,
di qua i monti dell’Uccellina.
Vicina alla foce dell’Ombrone,
il suo aspetto è cordiale e lieto,
sede del Parco della Regione,
colline avanti e mare indietro.
Della Maremma, alto, porta il nome,
regno del buttero e del puledro,
con le sue torri e San Rabano,
la Villa Fattoria, i magazzini del grano.
Daini, volpi, uccelli e cinghiali,
cavalli e vacche allo stato brado,
in Italia non ha certo eguali,
sembra il Far West
del Colorado.
Clima ed ambiente sono ideali,
il sole splende e piove di rado.
E che tramonti dalla marina:
anche la Corsica sembra vicina!
Ma quanto lavoro,quanta fatica,
Maremma cane,
Maremma amara,
per fare dolce, ospitale ed amica
la palude, una volta, malarica e avara.
Il vento racconta la sua storia antica,
Maremma dolce, Maremma cara.
Baciata dal sole, al chiaro di luna,
che le sue stelle ti portino tanta fortuna!

CIELO DI MAREMMA
Il cielo di Maremma è
come la tavolozza
dei pittori:
dentro, ci sono
del mondo
tutti i colori.
Il rosso dei tramonti,
i rosa, i gialli,
gli arancioni;
c’è il blu del mare
e, della terra,
tutti i marroni.
C’è il verde degli
ulivi e delle vigne,
il profumo dei campi,
della macchia e delle pigne.
C’è il bianco
delle nubi, il grigio e il nero,
Nel cielo di Maremma
si specchia il mondo intero!

TRAMONTI NELL’ULIVETO
Ho visto il sole morire,
tra le file degli ulivi,
e, alla luce dell’imbrunire,
accendersi i tronchi di mille pini.
Tra le colline, i campi, gli orti ed i giardini:
nel Parco della Maremma, che magia i tramonti estivi!

FERRAGOSTO A GROSSETO
Amo Grosseto d’estate,
a Ferragosto, nelle ore assolate.
Semideserta, vuote le strade,
dai rumori e dal chiasso abbandonate.
Le mura dal sole
arroventate,
lontana dalle spiagge
affollate,
amo quelle mie
passeggiate,
il silenzio, le piazze
ombreggiate,
il vento che soffia,
improvviso, a folate.

LA STORIA DI AMBRA E DI OMBRONE
Questa è la storia
di Ambra e di
Ombrone.
Questa leggenda è
una storia d’amore.
Una storia triste,
un amore non
ricambiato,
Ombrone amava Ambra,
ma da lei
rifiutato,
per incanto,
in un fiume,
fu tramutato.
Ambra in un’isola,
l’isola dei sogni proibiti,
Ombrone ne
accarezza i fianchi
torniti.
Piange il suo amore,
puoi sentirne il lamento,
quando piange
il cielo o soffia
il vento.
Pianger non serve,
se senza ragione,
ma piange per
Ambra il povero
Ombrone.
Non si piange per niente
se si piange col cuore.
Beato chi piange il suo perduto amore!

PREFERISCO QUESTO RUMORE
Preferisco questo rumore
del mare...
Sulla pelle,
questo profumo di sale.
Preferisco questa brezza
marina,
il sole che brilla
su questa riva.
Preferisco il canto delle
cicale,
il sole che scende,
la luna che sale.
Preferisco il rumore
di questo silenzio,
questo cielo stellato,
queste canne nel vento

TRONCHI DI MARINA DI ALBERESE
Tronchi sbiancati dal sole,
tronchi slavati dal mare,
tronchi dal sapore
di sale,
come pali piantati sul cuore.
Tronchi stroncati dal vento,
forme difformi levigate dal tempo,
contorte, ritorte, storte e allungate,
come lance dal cielo
scagliate.
Opere d’arte della
natura,
scolpite dal caso
a memoria futura,
scheletri d’alberi
senza più vita,
come ossi di seppia,
mani senza più dita

IL PARCO DELLA MAREMMA
Da Principina fino a Talamone,
25 km di costa maremmana,
le paludi alla foce dell’Ombrone,
la pineta del Granduca di Toscana,
campi e pascoli, un verde polmone,
nel cuore della provincia grossetana.
Il Parco Regionale della Maremma:
paradiso ritrovato, preziosa gemma.
Una catena di colline impervia e selvaggia
discende, con le sue torri, verso il mare:
scogliere e una lunga sabbiosa spiaggia,
l’Argentario, il Giglio, l’Elba vedi spuntare.
Un bus navetta avanti e
indietro viaggia,
poi, da Pratini, si deve
camminare.
Nel verde cuore dei Monti
del’Uccellina
San Rabano, la bianca abbazia benedettina.
Puledri, cavalli e bestiame allo stato brado,
tra aziende agricole, fattorie e sparsi casali.
No, non è il Far West, né il
Texas o il Colorado!
No, non sono mandrie di bufali, sono cinghiali!
Volpi e branchi di daini corrono nel prato,
mille uccelli in cielo, i fenicotteri dalle rosate ali.
Tra i girasoli, le vigne e gli ulivi, c’è un paese
ai piedi della Villa Granducale: è Alberese.

A MEMO VAGAGGINI
La Maremma toscana si colora,
nei quadri di Memo Vagaggini,
di luce nitida e tersa, quasi sonora.
E cantano i paesaggi
maremmani ed amiatini
l’anima del pittore di Santa Fiora,
la semplicità e il silenzio, a lui affini.
La pittura si nutre, in lui, di luce:
realismo magico che inquieta e che seduce.
Poeta del colore, disegnatore di talento,
preciso, geometrico, chiaro e levigato,
nelle sue tele c’è poesia e sentimento.
Il tempo si è contratto e raggelato.
La nitidezza lucente produce smarrimento,
lo spazio è luminoso e dilatato.
Come smalto dipinto su una porcellana,
la luce della Maremma domina sovrana.
Sono stato quest’anno a Santa Fiora,
a Ferragosto, nella sua Peschiera.
La bella casa natia è, ora,
circondata da una folta schiera.
Il tempo tutto cambia e tutto scolora,
ma quella luce è ancora come era.
Luce abbagliante, levigata e pura,
come nell’anima, come nella sua pittura.

Alberese – Santa Fiora, settembre 2007

COLLELUNGO DI NOTTE
Soleggiato di giorno,
di notte stellato,
cielo di Maremma,
tu m’hai stregato.
Collelungo di notte,
sotto miliardi di stelle,
il buio mi inghiotte,
brividi sulla pelle.
Con lo sguardo
ammaliato,
nell’universo infinito,
nella Via Lattea,
io mi sono smarrito.
Col tempo s’impara,
con gli occhi rubando,
con ardente pazienza,
la luna cercando.
Siamo nati dal fango,
ma si sveglia,
sognando,
la nostra coscienza,
le stelle guardando.
30 Luglio 2008

BATIGNANO
Poco lontano
da Grosseto,
c’è un piccolo paese:
profumo intenso
d’oliveto,
verdi colline,
cielo turchese.
Antico borgo dal
fascino discreto,
nel Medioevo fu
Castello senese.
La balzana aveva come stemma:
è Batignano, borgo di Maremma.
Paese d’olio ma anche di buon vino:
nel tempo e nello spazio
pare assai lontano.
Eppure è proprio
davvero assai vicino.
Vi morì Giovanni,
l’apostolo maremmano.
Le reliquie, nell’urna, sono in San Martino:
il Convento della Croce,
lì, si tocca con la mano.
Il Venerabile qui
riposa e giace:
a Batignano si respira aria e pace.

Batignano, 11/11/2007

MAREMMA
Grandi spazi
aperti e vuoti,
spopolati,
e tutto questo
sole, il vento e
il mare.
Paesaggi selvaggi e brulli,
sconfinati,
e tutte queste stelle nel chiaror lunare.
Gli alberi piegati, i tronchi
abbandonati
su queste spiagge nella luce solare.
Maremma, sei dolce, bella ed
aspra e forte:
lontano da te, per me, sarebbe
ormai la morte.
Alberese, Agosto 2007

MAREMMA
Spiagge di sabbia, verdi pinete nelle marine,
vacche brade,
cinghiali, il nitrito di un cavallo,
campi, vigne, ulivi, dolci e verdi colline,
il volo degli uccelli,
il canto di un gallo.
Sole, cielo terso,
vento e nebbie
mattutine,
tramonti rosso fuoco, il grano
color di giallo,
il silenzio, il buio della notte, il cielo stellato,
e la luna bianca,
il suo sguardo mite ed argentato

Alberese, 29 Luglio 2007

PAESAGGIO MAREMMANO

In file ordinate, come soldati,
gli ulivi difendono le dolci colline.
Attorno vigneti e campi coltivati,
accarezzati dalle brezze marine.
I girasoli, arsi dal sole, sono piegati.
Agosto, oramai, sta volgendo alla fine.
Torna il silenzio, nelle campagne vicino.
Arriva settembre, col suo profumo di vino

IL CIELO DI MAREMMA

Come cambia di colore!
Come quando fuori piove,
come quando brilla il sole.
Azzurro, bianco, grigio, nero,
fanno le capriole
quando cambia il cielo.
Come quando, dentro,
cambia il mio umore.
Come quando, dentro,
mi si confonde il cuore.

L’OTTAVA RIMA IN OTTAVA

A te, cara lettrice, caro lettore,
innanzitutto, porgo il mio saluto.
Se leggermi vorrai fare il favore,
dell’ottava dirò forma e contenuto.
Metro d’antico e nobile valore,
nella tradizione s’è mantenuto.
In ottava poetava già il Boccaccio
Oggi lo fanno i poeti a braccio.
L’ottava rima, oggi la più usata,
è l’ottava rima detta toscana.
8 endecasillabi, scritta o cantata,
si distingue dalla strofa siciliana.
I primi sei versi a rima alternata,
negli ultimi due, cambia la trama.
Cantata un dì dal poeta contadino,
Oggi da Guccini, Benigni e Riondino.

L’arte del dire le parole in rima,
la definì, una volta, il sommo Dante.
L’ottava popolare, detta ottavina,
dell’ottava rima è, poi, la risultante.
La forma è sempre quella prima,
arte estemporanea bernescante.
Dalla campagna e dal villaggio,
alle befanate ai canti del maggio.
Con le ottave tra loro incatenate,
i poeti si sfidano a duello.
Sulle tematiche dal pubblico indicate,
improvvisando il verso bello.
Le rime facili vanno evitate.
Famosi il contrasto ed il bruscello.
Ogni anno, si radunano a Ribolla:
coi poeti c’è ancora tanta folla!

Aldo Maiorano

Maremmane politiche rime...in ottava

Ottava maremmana per il Presidente Obama

Stamattina mi son svegliato:
quasi non mi pareva vero.
L’incubo Bush è terminato!
Grazie, Obama, Presidente nero.
Rinasce il sogno bello e colorato:
sulla Terra nessuno è straniero.
La Storia è di nuovo in movimento,
sì, si può fare il Cambiamento!

5 Novembre 2008
(Pubblicata su l’Unità del 6 Novembre 2008 e sul sito www.braccagni.info, rispondere per le rime)


Ottava maremmana per Eluana

I fascisti, cultori della morte,
urlavano di salvare Eluana.
Dal suo calvario? Dalla sua sorte?
Non sanno cos’è la pietà umana.
Lo Sciacallo urla più forte:
la destra cattolica è anticristiana.
La loro fede sa di odio e guerra:
spargono intolleranza sulla Terra.

10 Febbraio 2009
(Pubblicata sul sito dell’Unità e di Braccagni)

Ottava maremmana per Saviano

Povero Silvio, quasi mi fa pena.
Fa il premier, dice, senza poteri.
Ha allestito un’altra messinscena,
ma io non c’ero tra servi e camerieri.
Il lodo Alfano, in un mese appena,
ha tradotto in legge i suoi interessi veri.
Gomorra è diventato il miracolo italiano:
meno male che c’è Roberto Saviano!

25 Marzo 2009
(Pubblicata su L’Unità)

Ottava maremmana per Jerry Masslo
Assassinato il 24 Agosto 1989 a Villa Literno

Cercava in Italia uno spazio di vita,
civiltà e pace, un po’di pane sicuro.
La sua speranza fu delusa e tradita,
faceva il bracciante, un lavoro duro.
Dal razzismo fuggiva, la corsa è finita:
gli hanno rubato i soldi e il futuro.
Come il padre e la figlia, morto ammazzato:
Jerry Masslo, sudafricano, straniero, immigrato!

24 Agosto 2009
Ottava maremmana per Monica Faenzi

L’equipaggio della Portaccia
vince il Palio di Castiglioni.
Sulla maglia c’era la faccia
di Papi Silvio Berlusconi!
Ora il sindaco minaccia
di tagliar le sovvenzioni.
Porta bene quella maglietta:
che ciascuno se la metta!

22 Agosto 2009
(Pubblicata su L’Unità del 24 Agosto 2009)

Ottava maremmana per Salvini e per il figlio di Bossi

In Italia, i cretini,
arroganti e razzisti,
come quel tale Salvini,
sono ora leghisti.
Contro i clandestini,
fanno giochi sinistri.
Nuovi mostri in azione,
figli del sonno della Ragione.

24 Agosto 2009

Ottava maremmana per Vauro

Forse, non era che l’inizio:
Biagi, Santoro, Luttazzi, Travaglio.
Poi, ci hanno preso sfizio:
Guzzanti, Rossi, Vauro: l’ultimo taglio.
Hanno proprio un brutto vizio:
nella casa del bavaglio.
Della libertà hanno paura:
sono il partito della censura

17 Aprile 2009
(Pubblicata, ma tagliata dei primi quattro versi, su L’Unità del 19 Aprile 2009)

Incontro con Luciana Pericci

CORRIERE DI MAREMMA
Rassegna stampa quotidiana della Provincia di Grosseto a cura dell'URP
Web http://www.provincia.grosseto.it/ e-mail urp@provincia.grosseto.it
2009-02-03


GROSSETO - Nell'ambito del Progetto scuola e volontariato in Toscana 2008-2009, promosso dal Centro nazionale per il volontariato, in collaborazione con il Cesvot e l'ufficio scolastico regionale, la classe III A e I A dell'indirizzo per i servizi sociali hanno partecipato all'incontro con la presidente della sezione provinciale di Grosseto dell'Uic (Unione italiana ciechi e ipovedenti), svoltosi qualche giorno fa nel laboratorio dei servizi sociali in via Brigate. Accompagnata da due giovani in servizio civile presso l'associazione, sita in viale F. Ferrucci, 5, e alla presenza dei docenti Emilia Scotto e Aldo Maiorano, la signora Luciana Pericci ha illustrato ai ragazzi le principali finalità dell'Uic, fondata nel 1920, allo scopo di rappresentare e tutelare gli interessi morali e materiali dei non vedenti: dalla piena attuazione dei diritti umani, civili e sociali dei ciechi alla loro equiparazione e integrazione sociale e civile. Numerose le attività promosse da parte dell'associazione: accessibilità culturale e del territorio attraverso l'abbattimento delle barriere architettoniche e sensoriali, registrazione vocale di testi e libri, supporto extrascolastico e fornitura di strumenti e ausili tiflotecnici (orologi parlanti, tavolette e punteruoli per la scrittura braille, dattilobraille, sintesi vocali barra e stampanti braille per computers), sostegno e assistenza domiciliare agli anziani ciechi e alle loro famiglie, servizio di accompagnamento soci, consulenze di vario tipo. Ma ciò che davvero ha coinvolto e suscitato ascolto, attenzione ed empatia da parte degli studenti sono state la grande capacità comunicativa e relazionale, l'ironia ed autoironia e la carica di profonda umanità di Luciana Pericci. Anche attraverso il racconto delle sue esperienze personali di vita e di qualche episodio autobiografico, ora drammatico e doloroso, ora buffo e divertente, e con l'ausilio di qualche supporto di tipo didattico o di semplici oggetti, quali il suo cellulare parlante, Luciana Pericci è riuscita nella non facile impresa di trasportare nel suo mondo, solo in apparenza buio e privo di colori, i ragazzi e le ragazze presenti.


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Scuola e volontariato

CORRIERE DI MAREMMA
Rassegna stampa quotidiana della Provincia di Grosseto a cura dell'URP
Web http://www.provincia.grosseto.it/ e-mail urp@provincia.grosseto.it
2008-11-04


GROSSETO - Gli studenti scendono in campo per la solidarietà. La classe terza A dell'indirizzo per i servizi sociali, insieme ad un gruppo della seconda A, ha partecipato all'incontro regionale del Progetto scuola e volontariato, svoltosi presso la Fattoria La Principina. Si è trattato di una giornata di confronto, di racconto e di festa, oltre i banchi di scuola, per inaugurare l'anno 2008-2009, all'insegna del rinnovato protocollo d'intesa fra l'Ufficio scolastico regionale, la Regione Toscana, il Centro nazionale per il volontariato (Cnv) e il Centro servizi volontariato Toscana (Cesvot) in merito al Progetto stesso. Attivo da oltre cinque anni sul territorio toscano, il Progetto intende coinvolgere gli studenti delle scuole superiori e le associazioni locali impegnate nel volontariato in attività e percorsi di vario tipo, allo scopo di avvicinare i ragazzi alle pratiche della solidarietà, della cittadinanza attiva e del bene comune. Lo sportello informativo, gli stop and go e i percorsi tematici, lo staff di animatori, gli stage di solidarietà e i campi estivi residenziali Summer in Action sono solo alcune delle attività proposte alle scuole toscane nella forma di moduli indipendenti e, nello scorso anno, sono stati coinvolti nel progetto 100 scuole, 376 associazioni, oltre 19mila ragazzi. Insieme ai docenti Emilia Scotto e Aldo Maiorano, gli studenti dell'istituto professionale Luigi Einaudi, hanno seguito, nell'auditorium della Fattoria La Principina, i racconti delle esperienze e dei progetti realizzati in alcune scuole della Toscana (Lucca, Follonica, Cascina, Empoli, Piombino, Valdichiana), illustrati dai ragazzi e dai docenti attraverso comunicazioni, video e presentazione di diapositive, si sono conclusi con le riflessioni dello psico-sociologo Gino Mazzoli, esperto di progettualità. Nel primo pomeriggio i docenti hanno partecipato al seminario sulle esperienze extra-regionali degli stage di volontariato di Biella e delle officine della solidarietà di Modena, mentre i ragazzi sono stati impegnati in alcune attività laboratoriali sui metodi attivi dell'animazione, sulle simulazioni e i giochi di ruolo, sul video del progetto e l'esperienza di Summer in Action. La partecipazione degli studenti è stata utile e proficua perché, grazie all'ampio materiale di documentazione raccolto (video, opuscoli, libri, gadget di vario tipo), hanno cominciato ad allestire nella sede di via Brigate Partigiane, il laboratorio di servizi sociali della scuola.
1996-2009 Servizio dell'urp (Programma PHP di Marco Sorresina) - Provincia di Grosseto

Barbablù

Barbablù di Perrault interpretato per difendere le donne.
Nuovi Eventi
15.01.2009 11:46
Lo scorso 25 novembre, in occasione della celebrazione della Giornata Mondiale dichiarata dall' O.N.U. contro la violenza sulle donne, si è svolta - presso il Teatro degli Industri di Grosseto - l' attesa Conferenza Spettacolo per le Scuole Superiori Sai riconoscere Barbablù dell' Accademia Amiata Mutamenti, di e con Sara Donzelli e Giorgio Zorcù. Tutte e tre le classi dell' indirizzo servizi sociali (I, II e III A del corso per operatori sociali dell' Istituto Professionale Luigi Einaudi) hanno partecipato all' evento, organizzato dalla Provincia di Grosseto e dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali - Regione Toscana, con il patrocinio dell' Ufficio Scolastico Provinciale e in collaborazione con il Comune di Grosseto, il Centro Antiviolenza Olympia de Gouges e l' Associazione Nazionale Maschile Plurale. La lezione, magistralmente allestita in forma di spettacolo ed esplicitamente dedicata agli adolescenti, allo scopo di divulgare i temi e le domande legate alla relazione tra amore e violenza, è stata una coinvolgente occasione di riflessione sull' allarmante fenomeno della violenza di genere (omicidi, stupri, percosse, costrizioni della libertà negli ambiti familiari fino alle manifestazioni di disprezzo del corpo femminile) in preoccupante ripresa anche nei paesi evoluti dell'Occidente democratico. Una recente ricerca, infatti, afferma che l'aggressività maschile è la prima causa di morte violenta e invalidità permanente per le donne fra i 16 e i 44 anni in tutto il mondo e che tale violenza si consuma soprattutto tra le pareti domestiche. Sara Donzelli e Giorgio Zorcù hanno costruito una rappresentazione densa e intensa, utilizzando mezzi diversificati: recitazione, brani registrati, immagini tratte da film, un video scientifico sulla teoria freudiana delle pulsioni di vita e di morte nell' essere umano e sulle strutture istintive, emotive e intellettive del cervello, alcuni dati statistici di cronaca sulle donne uccise "per amore" nel 2007, nonché un breve filmato dei laboratori teatrali svolti coi ragazzi. Attraverso il racconto della fiaba di Barbablù di Perrault e la storia di Gilles De Rais, lo spettacolo è riuscito a coinvolgere emotivamente il pubblico presente, mettendo il dito sulla piaga delle gravissime conseguenze di relazioni affettive distorte e sui rischi di una deriva violenta dell' amore o malamore - come recita il titolo di un recentissimo libro di Concita De Gregorio, neodirettrice de L'Unità - quando viene confuso con una relazione malata, intrisa di gelosia e ossessiva possessività.
A conclusione della lezione-spettacolo si è svolto, poi, un interessante e partecipato dibattito, cui hanno preso parte Cinzia Tacconi, Assessore alla Cultura e alle Pari Opportunità della Provincia di Grosseto, Massimo Borghi, Presidente del Consiglio Provinciale, Gabriella Lepri del Centro Antiviolenza Olympia De Gouges, Giacomo Mambriani e Sandro Bellassai dell'Associazione Nazionale Maschile Plurale, e alcuni studenti del Consiglio Provinciale degli Studenti e del Liceo Socio-Psico-Pedagogico di Grosseto, che hanno parlato della loro esperienza formativa nei Campus sulle Life skills e sulla peer education e nei Laboratori di Animazione Teatrale. Molte le riflessioni svolte e le domande poste dai ragazzi presenti in sala, testimonianza di un vivo e attento interesse alle tematiche e problematiche sollevate dalla conferenza - spettacolo di Sara Donzelli e Giorgio Zorcù. Al dibattito è intervenuta anche Vittoria Doretti, Dirigente dell' U.O.C. Educazione e Promozione della Salute della ASL 9 di Grosseto, comunicando la sua preziosa esperienza professionale e fornendo un breve identikit degli atteggiamenti tipici della donna maltrattata e abusata. Le celebrazioni per la Giornata Mondiale prevedevano anche un incontro pubblico sul tema La violenza contro le donne ci riguarda: prendiamo la parola come maschi e uno spettacolo serale dal titolo La camera di sangue - Fiaba per adulti, tratta da un racconto, riscrittura al femminile della fiaba di Perrault, di Angela Carter, con Sara Donzelli, per la regia di Giorgio Zorcù.
A cura di Aldo Maiorano

"Il Giudizio Finale", dal Vangelo secondo Matteo

Dedicato a tutti quelli che, strumentalizzando il messaggio evangelico e cristiano a fini meramente ideologici e politici, dicono sì al crocifisso nelle aule della scuola pubblica e no ai crocifissi in carne, ossa e anima, che vivono attorno a loro e sono il loro vero prossimo!

Lettura scelta, in morte di mia madre Elena Pezzato, da Don Antonio, Parroco della Chiesa della Madonna delle Grazie, Gianola – Formia (LT), il 2 novembre 2003.

Il testo Evangelico

31 Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. 32 E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, 33 e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. 34 Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. 35 Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37 Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? 38 Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? 39 E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? 40 Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. 41 Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. 42 Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; 43 ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. 44 Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? 45 Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. 46 E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna".
Vangelo secondo Matteo, c.25, vv. 31-46.

La storiella del copywriter

"In un bel giorno soleggiato di primavera, un uomo non vedente stava seduto sui gradini di un edificio con un cappello ai suoi piedi ed un cartello recante la scritta: "Sono cieco,aiutatemi per favore". Un pubblicitario che passeggiava lì vicino si fermò e notò che aveva solo pochi centesimi nel suo cappello. Si chinò e versò altre monete, poi, senza chiedere il permesso dell'uomo, prese il cartello, lo girò e scrisse un'altra frase. Quello stesso pomeriggio il pubblicitario tornò dal non vedente e notò che il suo cappello era pieno di monete e banconote. Il non vedente riconobbe il passo dell'uomo: chiese se non fosse stato lui ad aver riscritto il suo cartello e cosa avesse scritto. Il pubblicitario rispose "Niente che non fosse vero - ho solo riscritto il tuo in maniera diversa", sorrise e andò via. Il non vedente non seppe mai che ora sul suo cartello c'era scritto: "Oggi è primavera...ed io non la posso vedere".

A Caterina Bellandi, Milano taxi 25

C’è una tassista assai speciale:
Milano 25, ma è fiorentina.
Va e viene di corsa dall’ospedale.
Il suo vero nome è Caterina.

Porta cappelli molto stravaganti,
e, sempre, regala il suo bel sorriso,
porta stivali con i topi bianchi,
gli occhi le brillano nel viso.

Il taxi è allegro e colorato,
coi pupazzi, i giochi e tanti fiori,
davvero strambo, così addobbato,
riscalda ai bimbi le menti e i cuori.

Grazie, Caterina, per la tua magia.
Perché la morte, col suo dolore,
hai trasformato, con l’allegria,
in coraggio di vivere e in amore!


Grosseto, 17 Marzo 2008
Aldo Maiorano
Le classi del Progetto Clownterapia

I Monti dell'Uccellina e il padule di Alberese nelle pagine di Eugenio Niccolini

Delle Maremme, immortalate tra gli altri, da Giosuè Carducci, Gabriele D’Annunzio, Renato Fucini, Guido Piovene, Carlo Cassola, Luciano Bianciardi e da Eugenio Cecconi, Giovanni Fattori e Paride Pascucci, i Monti dell’Uccellina sono, ancora oggi, uno dei luoghi senza alcun dubbio più affascinanti e suggestivi, con gli imponenti ruderi romanici dell’Abbazia Benedettina di Santa Maria Alborense (oggi San Rabano), tra cui, secondo la leggenda, sarebbero ancora nascosti ingenti tesori protetti da fantasmi e strani incantesimi. Come ha ricordato qualcuno, il grossetano che, ancor oggi, si affacci alla finestra, e guardi a mezzogiorno, li vede lì, a due passi, “quei monti azzurri”, avvolti dall’aura del prestigio e dell’ antico fascino poetico. E, ancor oggi, nonostante uno sviluppo inarrestabile e pervasivo ma non sempre sinonimo di progresso, l’Alberese resta, tuttavia, una delle porte d’accesso privilegiate a questo vero e proprio altro mondo, in larga misura ancora incontaminato e intatto, tutelato e protetto nel suo inestimabile valore paesaggistico, ambientale e storico dal Parco Regionale della Maremma. Di questo lembo di Maremma fu cantore e già, al tempo stesso, nostalgico ammiratore Eugenio Niccolini, affascinato frequentatore, verso la fine dell’800, di queste terre allora ancora tanto più selvagge: terre di bracconieri e cacciatori girovaghi, di banditi e randagi compagni di disperate imprese. Un mondo di foreste e di paduli, di botri e di forteti, di pianure e di montagne, fino al mare. Posti buoni per la caccia. Per tutte le cacce: ai cinghiali e alle folaghe, ai germani e ai beccaccini, alle volpi e ai caprioli. E in tutti i climi: con la grandine e le gelate, con il grecale e gli acquazzoni, con il sole spaccapietra e l’umido palustre. Ma chi era Eugenio Niccolini? Nato a Firenze nel 1853 e morto nel 1939 fu marchese di Camugliano e Ponsacco e, alla fine dell'Ottocento, ricoprì varie cariche di prestigio: fu consigliere provinciale e sindaco di Prato e nel 1913 venne nominato senatore del Regno d’Italia. Nel 1879 Eugenio Niccolini aveva sposato l'ultima discendente della famiglia Naldini, che portò in dote, assieme a numerosi beni, anche il palazzo di Piazza del Duomo a Firenze. Viene anche ricordato per le sua grande maestria nell'arte venatoria e la sua vita trascorse quasi tutta nelle tenute del Forte delle Rocchette, nei pressi di Castiglione della Pescaia, dove ebbe modo di conoscere foschi personaggi quali Tiburzi e Fioravanti, ma anche grandi artisti come Carducci e D’Annunzio, Fabbroni e Paolieri, Fucini, Ugolini ed Eugenio Cecconi. Proprio quest’ultimo ebbe modo di impreziosire, con riproduzioni delle sue opere, la prima edizione del volume Giornate di caccia, pubblicato per la prima volta nel 1915 e più volte ristampato fino al 1990, senza alcun dubbio uno dei più bei libri a soggetto venatorio mai pubblicati nel nostro Paese e in cui, ancora oggi, il Niccolini ci fa rivivere azioni di caccia dense di emozioni, luoghi (dal Circeo a Capalbio ai Monti dell’Uccellina all’Alberese), personaggi e la struggente suggestione dei paesaggi descritti.
Fu Giosuè Carducci, secondo quanto ci riferisce lo stesso autore, a suggerirgli la prima idea ed a incoraggiarlo per primo affinché mettesse per iscritto le sue memorie di caccia e D’Annunzio elogiò la sua scrittura ed, offrendosi di scrivere la prefazione, lo esortò a raccontare queste meravigliose storie che altrimenti non avremmo mai conosciute: storie di uomini e di animali, scritte sempre con stile asciutto, ma mai scarno e prosaico. È del 1993, invece, la sua raccolta inedita intitolata Altre giornate di caccia. All’Alberese, in località Poggio della Vacchereccia, Niccolini affittava una casetta, punto di partenza delle sue scorribande venatorie. Di recente, nel bel volume a cura di Felicita Scapini e Mariella Nardi, pubblicato nel 2007 dall’editore Pacini col titolo Il Parco Regionale della Maremma e il suo territorio, di Eugenio Niccolini e del suo bel libro, è tornato ad occuparsene Nicola Baccetti, nel suo breve saggio, intitolato I monti dell’Uccellina e il padule di Alberese nelle pagine di Eugenio Niccolini: qualcosa di più di un bozzetto di fine Ottocento. Attraverso la letteraria prosa di Niccolini, rivive quella Maremma d’Alberese persa per sempre: Nei primi di Febbraio dell’81…eravamo a caccia all’Alberese…In quei tempi la via Aurelia dalla Fattoria a Piscina Statua, dove è ora la stazione ferroviaria, attraversava una magnifica foresta di querci che da una parte si univa ai forteti dell’Uccellina, dall’altra circondava il padule, e fra boschi folti di olmi secolari e di marruche, si estendeva fino ai forteti di Montiano. Si raccontava che un uomo poteva andare dalla Fattoria a Piscina Statua come uno scoiattolo passando di ramo in ramo senza mai toccar terra. Come annota il Baccetti, Il padule dell’Alberese, del quale non resta traccia alcuna, non è mai stato così ben descritto nelle proprie caratteristiche ambientali e faunistiche, coi suoi paglieti e le sue strette valli acquitrinose sotto le querci e le sughere di Piscina Buia, le beccacce e i germani in lunghe file, le morette e le folaghe, i lecci e le sughere. Della Maremma, poi addomesticata, il cacciatore Niccolini ti fa sentire tutto il fascino: La valle profonda di Castelmarino, la Pineta fino al mare, le Grotte nere nella scogliera illuminate dalla luna, in quel silenzio, in quella solitudine erano uno spettacolo così bello e solenne che mi dava un piacere che non so dire: sentivo in quel momento come la vicinanza di un compagno avrebbe turbato l’incanto. Al tempo stesso, la nostalgia di questi luoghi a lui sacri si trasforma in lamento per la loro incipiente profanazione. Nella nostra vecchia Maremma, poco più rimane di quanto ne dipinse il Cecconi o di quanto come una leggenda di antichi tempi, ne raccontiamo noi che le abbiamo sopravvissuto. Ad assistere alla sua fine erano accorsi da ogni parte, ma essa sottrattasi agli occhi dei profani esalò l'anima senza che se ne accorgessero nemmeno i presenti. I vecchi olmi lasciavano piegare i loro rami avvolti nelle vitalbe e spioventi a toccare i prati delle valli palustri; le querci, le sughere, i lecci coprivano della loro ombra maestosa le colline; i monti più alti erano ancora coperti da neri forteti, quando già la vita maremmana era scomparsa. L'anima se ne era andata quando il corpo pur digradando vegetava ancora. Io ricordo, come se l'avessi davanti agli occhi, l'arrivare dei primi greggi nella Maremma, d'ottobre ancora deserta, e i cinghiali che spaventati dai pastori abbandonavano i piani, dove erano stati tranquillamente tutta l'estate, per rifugiarsi nei forteti.
Eppure, nonostante tutto, e a maggior ragione per il visitatore che dalle città si ritrova a visitare questi luoghi oramai bonificati e sempre più valorizzati dal punto di vista agricolo e turistico, ancora oggi si resta rapiti dalla bellezza del paesaggio e si può ancora correre il rischio di venire piacevolmente contagiati da quello strano morbo che prende il nome di…Mal di Maremma!

A cura di Aldo Maiorano

1. Eugenio Niccolini, Giornate di caccia, Firenze, Vallecchi, 1990
2. Nicola Baccetti, I monti dell’Uccellina e il padule di Alberese nelle pagine di Eugenio Niccolini: qualcosa di più di un bozzetto di fine Ottocento, in Il Parco Regionale della Maremma e il suo territorio, volume a cura di Felicita Scapini e Mariella Nardi, Pisa, Pacini, 2007

"Ciò che non si rigenera, degenera" (Edgar Morin)

Una vecchia lettera, pubblicata su L’Unità del 15 luglio 1992, con il titolo “Undici anni fa Berlinguer parlava della crisi dei partiti”. Ne sono trascorsi altri diciassette…!

“ I partiti non fanno più politica. Hanno degenerato e questa è l’origine dei malanni d’Italia…I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società, della gente; idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta, anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l’iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un “boss” e dei “sotto-boss”. I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni…Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico…”
Sono parole di Enrico Berlinguer, tratte da un’ormai storica intervista rilasciata a Eugenio Scalari il 28 luglio 1981. Con straordinaria lungimiranza, oltre 10 anni fa, Berlinguer delineava i principali caratteri della crisi italiana: degenerazione dei partiti, occupazione e spartizione dello Stato, questione morale come prima questione nazionale. Oggi, dopo undici anni, la crisi italiana, politica, istituzionale e morale, è ancora più grave e drammatica e rischia di minare le basi stesse della democrazia nel nostro Paese. Perché quelle parole di Berlinguer sono rimaste inascoltate? Perché anche il P.C.I. – P. D. S. si è fatto cogliere con le mani nella marmellata, come ha dimostrato a Milano la scandalosa vicenda di Tangentopoli? Se non si risponde in fretta a tali domande, se non si affronta una profonda riflessione critica ed autocritica su quest’ultimo decennio, se non si comprende che la “ricostruzione della moralità pubblica è, oggi” – come ha scritto Stefano Rodotà nella prefazione al bel libro di Barbacetto e Veltri, Milano degli scandali, Laterza - “il più ricco dei programmi politici e la più grande delle riforme”, le sorti del P.D.S. saranno gravemente compromesse.
Aldo Maiorano
Monza

Sonetto alla Maremma

Alla Maremma dedico codesto mio sonetto.
A questi spazi vuoti e aperti, ancora spopolati.
A questa malia che confonde il cuore in petto.
A questi paesaggi dolci e selvaggi, sconfinati.

A questi monti, a queste colline, ai campi e al mare,
a questi ulivi torti, di verde e d’argento,
a questi tronchi abbandonati alla luce solare,
a questo vento, alla luna, al firmamento.

Maremma, sei bella e dolce, aspra e forte,
lontano da te mai più potrei restare,
tra le tue braccia m’ha gettato ora la Sorte.

Maremma, eri terra di paludi maledette e amare,
della malaria regina dall’odor di morte,
ora sei, tra le ultime perle, a me tra le più care.

Alberese, Aprile 2009

La mia breve esperienza politica

Cronistoria in una lettera e due documenti

Lettera a L’Unità
Caro Direttore,
la mia formazione culturale ed etico-politica e la mia educazione morale e sentimentale risalgono ai primi anni settanta – anni certamente non facili e poco tranquilli, spesso violenti, confusi, disordinati e sovente dominati da schematismi ideologici, dogmatici e populistici ma, nondimeno, anni ricchi di autentica tensione morale e intellettuale e di notevoli fermenti culturali.
Gramsci, Lukacs, De Sanctis, Antonio Labriola, Croce ma anche Sartre, Freud, Nietzsche, Fromm sono stati alcuni degli autori che hanno formato la mia biblioteca ideale, orientando e guidando la mia formazione, alla luce di alcuni ideali e valori etico-politici di fondamentale importanza: libertà, giustizia, democrazia. In quegli anni tutto ciò, insieme ad una forte e giovanile carica contestatrice per il rinnovamento della società, mi ha spinto ad avvicinarmi al P.C.I..
Sono stato iscritto alla F.G.C.I. napoletana nel 1974 ma non ho più rinnovato la tessera quando, dopo i drammatici avvenimenti del Cile di Allende, il partito fece propria la proposta del compromesso storico avanzata, sulle pagine di Rinascita, da Enrico Berlinguer (di cui avrei solo più tardi apprezzato, ammirato e purtroppo rimpianto la nobile, onesta ed austera figura di grande leader). Non ho condiviso di quella proposta la concreta gestione politica, in quanto – pur comprendendone le motivazioni e pur riconoscendo il ruolo da essa svolto per la tenuta democratica del tessuto civile e sociale del Paese negli anni terribili del terrorismo – ero convinto che essa avrebbe contribuito a bloccare il processo di costruzione di un’alternativa sociale e politica credibile, aprendo, poi, spazi, com’è accaduto, all’iniziativa autonomistica di Craxi e alla successiva restaurazione conservatrice.
Ancora comunista ma in qualità di compagno di strada fino al 1976 ed impegnato nei vari collettivi studenteschi e nei movimenti della sinistra extraparlamentare, ho partecipato – anche se su posizioni fortemente critiche e sempre pacifiche e non violente – al movimento del 1977, stroncato dall’esplosione della guerriglia autonoma e dal terrorismo brigatista, culminato nel barbaro omicidio di Aldo Moro. Questi eventi che, a mio parere, hanno di fatto bloccato in Italia la crescita politica ed elettorale della sinistra hanno sconvolto le mie speranze e la mia (e quella di tanti altri amici e compagni) evoluzione politica, avviando una profonda riflessione autocritica e una sofferta revisione ideologica, sfociata negli anni 1979 e 1980, nella mia adesione alla rinascita di una forza politica di socialismo liberale, pur se continuavo a sentirmi legato, per estrazione sociale, cultura politica e, perché no, sentimentalmente anche, al P.C.I..
Ho vissuto, con qualche trauma, questa scissione interiore, partecipando con alcuni amici, alla cosiddetta rinascita del pensiero politico neo-liberale (ancora Croce, più Popper e Dahrendorf), approdando, anche se mai del tutto completamente, nell’orbita dell’area liberal – socialista (il lib-lab degli anni ’79-’80, appunto).
Deluso e, a dir la verità, anche un po’ nauseato dallo snobismo, dal classismo, dalla mancanza di autentico spessore ideale, morale e politico e dalla politicaccia di piccolo cabotaggio, clientelare e carrieristica, di grandissima parte di quell’ambiente politico-culturale, mi sono definitivamente allontanato dalla politica attiva, rinserrandomi sempre più nel privato e facendomi coinvolgere, mio malgrado, nel riflusso e nel deflusso dilaganti. Nel frattempo, mi sono laureato in Filosofia, ho superato un concorso pubblico a cattedre per l’insegnamento a Milano, prima nelle scuole medie e poi nelle superiori, e sono emigrato al Nord.
Ho vissuto, cercando di salvare il salvabile della mia esperienza etico-politica e culturale, gli anni ’80, certo meno violenti e più prodighi di benessere economico, ma sicuramente anche più vuoti ed effimeri del decennio precedente, anni – avrebbe detto isolini – di sviluppo senza progresso. Ho vissuto il grande freddo montante e ho assistito allo scatenarsi dei vari yuppismi, rampantismi ed affarismi, alla spettacolarizzazione dirompente della politica, al trionfo dell’avere sull’essere, alla diffusione della disgregazione sociale, degli egoismi individuali e dei vari razzismi, alla crescita della volgarità in un’Italia sempre più opulenta e moderna (per fortuna!), ma anche più cinica, cloroformizzata e lobotomizzata (purtroppo!).
Ho ripreso a votare per il P.C.I., dopo molti anni, grazie al nuovo corso liberal di Achille Occhetto: mi è sembrato uno spiraglio nuovo di rinnovata iniziativa politica, nel clima stagnante e narcotizzato della sempre più asfittica vita etico-politico-culturale del Paese, in una situazione in cui – al cospetto dei tragici avvenimenti cinesi di piazza Tien An Men e, successivamente, di quelli ancor più drammatici e straordinari dei paesi dell’Est – il P.C.I., che mi è sempre apparso malgrado tutto come una delle vere grandi forze di rinnovamento e di progresso della società italiana, ha cominciato a correre il rischio di essere seriamente emarginato. Ed ho deciso di tornare ad iscrivermi al P.C.I., dopo una lunga e anche tormentata riflessione, grazie alla proposta avanzata dall’attuale segretario per l’apertura di una fase costituente di una nuova formazione politica della sinistra che, alla luce degli epocali avvenimenti nell’Europa dell’Est, sapesse davvero restituire rinnovata voce alle aspirazioni di libertà, giustizia e democrazia, per una reale e non violenta trasformazione della società. Una formazione politica che, mi auguro, si ispiri a quanto di meglio ha elaborato (senza trasformismi, né superficiali sincretismi) la tradizione critica del pensiero e dell’azione politica occidentali, senza eurocentrismi, nella direzione di una società autenticamente democratica, liberante, progressiva e non autoritaria, liberale e socialista, ma di un socialismo liberale e autorevole, vero ed autentico, non elitario ma popolare, culturalmente rigoroso ed eticamente ispirato, sensibile alle nuove tematiche sempre più trasversali e interplanetarie dei diritti di cittadinanza, di uno sviluppo economico ecologicamente sostenibile e civile (non meramente quantitativo), di un governo democratico dell’economia tendente a ridurre la forbice sempre più allarmante tra Nord e Sud del mondo.
Giustizia sociale, democrazia e libertà: ideali certo non nuovi ma antichi, da coniugare concretamente, con le gambe del nuovo partito. Che sia questa la volta buona? Si tratta di una sfida certamente impegnativa che richiederà un enorme sforzo di analisi, riflessione e proposta politica, sintesi filosofiche nuove ed originali, capacità non indifferenti di rinnovata elaborazione teorica, concreti strumenti organizzativi e politici anche nuovi. Ma credo anch’io che sia la strada giusta, l’unica possibile.
Le invio, a conclusione di questa sorta di confessione, l’intervento che ho fatto al Congresso straordinario della sezione “Antonio Gramsci” di Monza, presso la quale mi sono iscritto il 26 gennaio del 1990.
Vorrei leggere alcune righe e fare poche e brevi riflessioni. Eric Hobsbawm, lo storico marxista più autorevole della sinistra inglese, attualmente iscritto al piccolo e irrilevante partito comunista britannico, ha rilasciato in un’intervista recente a La Repubblica le seguenti dichiarazioni: “Continuo a definirmi comunista per precise ragioni biografiche. Lo sono dall’età di 14 anni e non vedo perché dovrei vergognarmene proprio adesso a settanta anni. Innanzitutto, tra i comunisti occidentali ho trovato persone straordinarie, uniche per onestà e dedizione morale verso una idea politica alla quale hanno dedicato la vita intera, senza averne in cambio nessun vantaggio materiale. Non è forse così anche in Italia, dove la parte politica più onesta è quella comunista?
In secondo luogo, è opportuno non dimenticare il grande ruolo giocato da questo movimento a favore della crescita e dell’educazione di masse operaie e contadine che in esso hanno trovato una vera scuola di emancipazione.
Terzo, e più importante, se oggi viviamo in società liberal-democratiche e non autoritarie, molto lo si deve a quanto hanno fatto i comunisti per abbattere il nazifascismo.
Detto questo, una grande tragedia si è consumata.
E quel comunismo non esiste più, è stato sconfitto.
Si devono quindi trovare altre strade di integrazione della sinistra. Per questo definirsi comunista può avere senso per me, certo non per un giovane di vent’anni”.
Ecco, uno dei motivi che – grazie al nuovo corso e alla svolta di Occhetto – mi hanno spinto a votare nelle ultime elezioni P.C.I., dopo diversi anni in cui ho votato partito radicale e verdi, è stato proprio questo. Restituire senso e valore a quegli ideali di giustizia, libertà, democrazia e solidarietà che, al di là del nome, hanno reso forte e credibile questo partito, da Gramsci a Berlinguer. E restituire a questi valori e a questo patrimonio storico la possibilità concreta di avere un futuro.
Non bisogna permettere che tutto questo venga cancellato dalla memoria e dalla coscienza delle nuove generazioni che non hanno vissuto quella storia e che non possono oggi riconoscersi più nel nome del comunismo. Se si desidera che quegli ideali e quelle lotte continuino a vivere è necessario cercare una nuova via, una nuova forma partito, anche un nuovo nome.
Questa, mi sembra, è l’intuizione politica forte che sta alla base della proposta avanzata da Occhetto di una costituente per una nuova formazione politica della sinistra italiana. Non lo scioglimento del P.C.I., né la confluenza nel P.S.I., non un’omologazione all’esistente, al modello della politica spettacolo, alla partitocrazia, allo strapotere delle logge e delle clientele mafiose, alla manipolazione delle coscienze e alla concentrazione dell’informazione. Il problema è ricostruire una forza politica rinnovata che sia nuova non solo nel nome.
Capisco e condivido anche le perplessità, le ansie, le angosce, i dubbi, le amarezze di tanti compagni. Mi viene in mente, a questo proposito e per non cadere nella retorica dei sentimenti, una celebre battuta dell’attore e regista ebreo-americano Woody Allen, che si potrebbe parafrasare così: Dio è morto, Lenin pure, il P.C.I. sta per morire e anch’io non mi sento più molto bene!
Ma questo non è più tempo per comprensibili ma inefficaci sentimentalismi. Non è più tempo per dispute nominalistiche. Deve essere il tempo del cambiamento, di una passione riformatrice reale, dell’impegno civile. E di nuova riflessione, analisi, critica e proposta politica. Se è vero che al potere fa comodo un partito comunista sempre più debole e indebolito, allora io preferisco continuare a lottare con la stessa tensione morale che è stata dei comunisti italiani, anche se in forme nuove e con un nome diverso, senza trasformismi né cedimenti sul piano etico e politico. Perché la storia e la politica, quelle vere ed autentiche, vanno ben al di là del nome comunismo, se è vero ciò che Gramsci scriveva e cioè che esse riguardano gli uomini, quanti più uomini è possibile, tutti gli uomini del mondo in quanto si uniscono tra loro in società e lavorano e lottano e migliorano se stessi”.

( Ampi stralci di questa lettera-confessione sono stati pubblicati su L’Unità del 12 Maggio 1990, nella pagina delle Lettere)

Documento 1
Gli iscritti all’Unità di Base “Antonio Gramsci” del P.D.S., riunitisi in assemblea a Monza in data 26 giugno 1992,
MANIFESTANO
Le loro perplessità nei confronti del metodo consociativo che ha portato all’accantonamento della candidatura di Stefano Rodotà a Presidente della Camera dei Deputati ed esprimono la loro solidarietà nei suoi confronti, in relazione alle sue dimissioni da Presidente del Partito.
INVITANO
I gruppi dirigenti e parlamentari del P.D.S. ad assumere prontamente una chiara e decisa iniziativa politica, nel Parlamento e nel Paese, per la concessione dell’autorizzazione a procedere nei confronti di tutti i parlamentari inquisiti e a farsi promotori di una legge che abolisca finalmente l’iniquo istituto dell’immunità parlamentare per tutti i reati comuni, ad eccezione di quelli connessi alla libera espressione delle proprie opinioni politiche.
SOLLECITANO
Gli stessi dirigenti e parlamentari ad una necessaria e profonda revisione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti, allo scopo di prevenire con più efficacia tutti i casi di corruzione politica e di illecito finanziamento.
ESPRIMONO
Il loro sostegno pieno e completo alle inchieste giudiziarie in corso a Milano e non solo a Milano, e tutta la loro solidarietà all’opera svolta e in corso di svolgimento dai giudici Di Pietro e Colombo.
CHIEDONO
La sollecita costituzione di parte civile del P.D.S. nell’imminente processo per lo scandalo delle tangenti contro tutti i propri amministratori, dirigenti ed eletti in esso coinvolti e riconosciuti colpevoli da parte della Magistratura.
SOLLECITANO
La più rapida restituzione, in forme e modi da individuare, di tutte le somme di danaro pubblico frutto di corruzione politica e il loro convogliamento in un fondo nazionale “Libero Grassi”, per tutte le vittime della lotta contro il racket e la criminalità organizzata.
IMPEGNANO
Gli organi dirigenti del partito, a tutti i livelli, a realizzare concretamente e al più presto tutte le misure e regole essenziali per una politica davvero pulita e a mettere di nuovo al centro del proprio impegno la questione morale, secondo le indicazioni, purtroppo disattese, di Enrico Berlinguer.
AUSPICANO
In linea con le più recenti iniziative delle unità di base auto-convocate presso la Federazione di Milano, l’organizzazione di una conferenza programmatica sulla nuova forma partito e una più coraggiosa ed adeguata riflessione critica sulla malintesa politica di “unità socialista” a Milano, responsabile in primo luogo della subordinazione consociativa del P.C.I. - P.D.S. alla politica craxiana del riformismo senza riforme, delle degenerazioni oligarchiche e corruttrici e delle contaminazioni sempre più gravi ed allarmanti tra politica, affari e criminalità.
INVITANO
I gruppi dirigenti a superare i paralizzanti veti incrociati interni, la cristallizzazione delle correnti organizzate, la suicida e sterile querelle tra opposizione pregiudiziale e ad ogni costo e partecipazione subordinata e consociativa al governo e a rilanciare con forza, in Parlamento e nel Paese, aprendo sul serio le porte del partito alle forze esterne della società civile e dell’associazionismo, un’estesa iniziativa politica di massa sulla base di un chiaro, serio, e concreto programma riformatore, sempre più necessario per affrontare la gravissima crisi economica, politica, istituzionale e morale che rischia di minare le basi stesse della democrazia in Italia.

Documento 2
Al Segretario dell’Unità di Base
“Antonio Gramsci”
Monza
OGGETTO: Dimissioni dal Comitato Direttivo
Il sottoscritto Aldo Maiorano comunica la propria decisione di rassegnare le dimissioni dal Comitato Direttivo dell’Unità di Base “Antonio Gramsci”.
Allega alla presente, quale pro – memoria, il documento invano sottoposto all’attenzione degli organismi dirigenti della stessa, fin dallo scorso mese di giugno.
Monza, 27/11/1992
Cordiali saluti
Aldo Maiorano

Gramsci e il padre

http://www.fondazionegramsci.org/A6Web/24M1.htm

http://www.gramscitorino.it/ADMIN/downloadDB.asp?iddoc=208

Chi l'avrebbe mai immaginato di finire nella Bibliografia della Fondazione Gramsci per questa lettera pubblicata su “Rinascita”, il 22 ottobre 1988?!


Caro direttore,
nel volume miscellaneo “Antonio Gramsci. Le sue idee nel nostro tempo, Editrice L’Unità, 1987 – pubblicato in occasione del 50° anniversario della morte di Gramsci – ho letto, tra gli altri, con estremo interesse, il contributo di G. Fiori, dal titolo “L’universo affettivo di Nino”. Mi ha, in particolare, colpito un’affermazione di Fiori, autore peraltro di una bellissima biografia di Gramsci, sul rapporto tra Gramsci stesso e suo padre. Scrive, infatti, Giuseppe Fiori: “Più volte ho ripensato a questa figura paterna rimossa da Gramsci. Non esiste traccia di lettera indirizzata a lui. E nella vastità degli scritti gramsciani, pur così ricchi di riferimenti autobiografici, mai una volta il padre è richiamato per un qualsiasi motivo. Una cancellazione radicale. Perché?”
Eppure, proprio nello stesso volume, è pubblicata una lettera, con un riferimento preciso al padre, scritta da Gramsci nel 1933 alla cognata Tania ( e a lei mai giunta, perché bloccata dalla censura del carcere di Turi). Si tratta di una lettera poco conosciuta, rinvenuta solo nel 1965, fra altri documenti, nell’Archivio di Stato. In essa, con toni estremamente toccanti e drammatici, Gramsci parla della propria “catastrofe” fisica e, rievocando la sua nota caduta infantile, richiama esplicitamente proprio il nome del padre, così scrivendo: “Nel 1911 ad Oristano in casa di mio zio conobbi il dottor Cominacini che mi aveva curato allora (da bambino) e aveva cercato di impedire le conseguenze della catastrofe. Mi dispiace toccare questo motivo, ma tanto mio zio che il Cominacini mi dissero con abbastanza franchezza (o brutalità che sia) che la causa delle mie disgrazie era stata la trascuratezza e l’apatia di mio padre e che curato a tempo avrei potuto essere salvato”.
Gramsci, nel 1911, aveva vent’anni. Non è forse possibile, allora, ipotizzare – pur non tralasciando le altre legittime interpretazioni ricordate da G. Fiori – che la rimozione della figura paterna sia stata, per Gramsci, motivata anche dal risentimento, umanamente comprensibile, nei confronti delle responsabilità del padre per le sue infelici condizioni fisiche? È un piccolo, certo, forse insignificante particolare che, però, potrebbe ancor più sottolineare la straordinaria drammaticità della vicenda umana di Gramsci, la cui nobile figura morale, intellettuale e politica – si spera – possa ancora rappresentare per i più giovani un esempio ancora vivo ed attuale….di carattere, forza e coraggio nei propri ideali.
Aldo Maiorano
Sesto San Giovanni (Milano)

Lettera su Gramsci

Sarebbe paradossale che proprio in Italia si rinunciasse a interrogarsi su un pensiero così stimolante come quello di Gramsci, che suscita tanto interesse nel mondo.


(Pubblicata su L’Unità del 26 settembre 1990, nella rubrica Lettere e Opinioni)

Caro direttore,
ho letto (L’Unità del 4 settembre 1990) il resoconto del dibattito svoltosi a Modena su “Gramsci nella cultura politica italiana” e la successiva, breve ma opportuna, precisazione di Renato Zangheri il 6 settembre. Non intendo entrare nel merito della disputa, tanto annosa quanto forse oziosa, circa “il maggiore o minore marxismo o leninismo di Gramsci”, ma non posso fare a meno di condividere le osservazioni formulate da Zangheri: “Le posizioni di Gramsci andavano oltre Lenin, e il suo ruolo storico oltrepassa molto quello a cui talora lo abbiamo ristretto di traduttore del leninismo in Italia”.
Eppure, quel che mi sembra incredibile e paradossale è proprio questo: che una figura con tratti così originali, personali e profondamente nazionali come quella di Gramsci possa essere stata ridotta, ristretta e rimpicciolita – l’ha osservato anche Norberto Bobbio – nel ruolo di traduttore o “di seguace più che di un pensatore genuino”.
Altrettanto paradossali, anche se per diverse ragioni, suonano le amare – e, mi auguro, troppo pessimistiche - considerazioni di Giuseppe Fiori, il quale lamenta una certa indifferenza della cultura italiana, del P.C.I. e del suo apparato culturale, nei confronti di Gramsci. Sarebbe, in verità, strano se l’opera gramsciana di storico e di critico della società contemporanea fosse destinata proprio in Italia alla rimozione, quando invece – come afferma lo stesso Fiori – essa continua ancora oggi a riscuotere costante interesse e, anzi, crescente attenzione all’estero.
Ciò, del resto, è stato ampiamente documentato nel recente convegno internazionale svoltosi a Formia tra il 25 e il 27 ottobre 1989 per iniziativa dell’Istituto Gramsci, nel quale sono state presentate numerose relazioni sulla fortuna dell’opera di Gramsci non solo nei maggiori Paesi europei e negli Stati Uniti, ma anche in molti Paesi extraeuropei, come Cina, Giappone e il mondo arabo. Lo stesso Norberto Bobbio – nel discorso pronunciato a Roma nell’auletta di Montecitorio in occasione del 50° anniversario della morte di Gramsci, poi ripubblicato insieme ad altri suoi scritti gramsciani nel suo pregevole e nuovo volume “Saggi su Gramsci”, Feltrinelli, 1990 – ha sottolineato la crescente vitalità del pensiero gramsciano in Paesi diversi dall’Italia e ha testualmente osservato: “Mi è accaduto di affermare, alla fine di un convegno sulla filosofia italiana di questi ultimi decenni, che avevamo importato tutto e non eravamo riusciti ad esportare nulla. Nulla eccetto Gramsci, sul quale la letteratura inglese, francese, tedesca e americana è amplissima, oserei dire più ampia di quella su Croce”.
Sarebbe davvero paradossale, pertanto, e questo sì veramente provinciale, rinunciare proprio in Italia ad interrogare ancora i testi di Gramsci e rinunciare ad interrogarsi su un pensiero per tanti aspetti ancora così stimolante (un classico, ormai). Ciò significherebbe precludersi non solo la conoscenza di “un raro monumento umano e letterario” e di un’esperienza culturale e politica essenziale per la comprensione del nostro passato più prossimo, ma anche rinunciare allo studio dell’unica interpretazione forse veramente critica, originale e antidogmatica del marxismo contemporaneo quale storicismo assoluto. E rinunciare, altresì, ad un “rarissimo esempio di coerenza tra pensiero ed azione, tra idee professate ed impegno politico”.
Non avrebbe forse ancora bisogno proprio di simili esempi l’Italia intellettuale di questi ultimi tempi? L’Italia, vale a dire, delle polemiche strumentali e di basso profilo storico contro il Risorgimento e la Resistenza?
Aldo Maiorano, Monza.

Il ritorno del falco pescatore nel Parco della Maremma

Nella bella piazza di Alberese, ai piedi dei Monti dell’Uccellina e a poche decine di metri dalla sede del Parco Regionale della Maremma, si è svolto, nella serata del 4 Agosto 2009, un vero e proprio, piccolo ma significativo, evento. Nell’ambito della prima Rassegna Estiva di Cinema in Piazza all’Alberese, organizzata dalla Pro Loco Alborensis, col titolo “Tra i pini e i platani, sotto la luna e le stelle” e alla presenza di un pubblico davvero molto numeroso e particolarmente attento ed interessato, sono stati proiettati due video-documentari sul Progetto “Il ritorno del Falco pescatore nel Parco della Maremma”. Attualmente al suo quarto anno operativo di attività, ma avviato già nel 2002, grazie alla collaborazione internazionale tra gli esperti del Parc Naturel Régional de Corse – Parcu di Corsica, una delle roccaforti nel Mediterraneo di tale fragilissima specie, ed il Parco Regionale della Maremma, nelle figure del suo Presidente, Giampiero Sammuri, del Responsabile Scientifico, Andrea Sforzi, e degli Agenti di Vigilanza, il Progetto prosegue il suo lento e paziente cammino con successo. L’obiettivo fondamentale, certamente uno dei più significativi e innovativi nel panorama delle aree protette in Italia, è quello di ricostituire una popolazione nidificante di falchi pescatori nel Parco della Maremma e nelle numerose aree umide della Toscana. Il ritorno di tale fragilissima specie, portata all’estinzione in Italia a causa della modificazione e distruzione dell’habitat, dell’uso massiccio di pesticidi e dell’inquinamento delle acque, del prelievo a scopo commerciale o di collezione delle uova, del bracconaggio e della sua persecuzione diretta tra gli anni ’50 e ’60 è, infatti, di fondamentale importanza per la ricostituzione della complessa piramide alimentare degli ecosistemi acquatici, di cui il Falco Pescatore rappresenta il vertice. L’area scelta per il rilascio di alcuni giovani esemplari prelevati dalla Corsica, sulla base di opportuni criteri di idoneità ambientale e di protezione del territorio, è quella della foce del fiume Ombrone e della Palude della Trappola, un sistema umido caratterizzato da acque basse e ricche di pesce. Nei due video - anche con immagini di rara e suggestiva bellezza delle falesie selvagge e scoscese della Réserve Naturelle de Scandola e delle pareti rocciose del Parco della Maremma, presso Talamone, - sono state illustrate le varie fasi di realizzazione del Progetto e descritta la biologia di questo splendido ed affascinante predatore di grandi dimensioni, unico rapace migratore ad aver sviluppato adattamenti morfologici per la cattura dei pesci, sue uniche prede, catturate con tuffi spettacolari con i suoi robusti artigli uncinati, tra mille spruzzi e vigorosi battiti d’ali.
A presentare ed animare la serata, cui hanno partecipato in prima persona il Presidente del Parco Regionale della Maremma e della Federparchi Giampiero Sammuri – con un breve intervento tra la proiezione di un video e l’altro – il regista Federico Santini, il ricercatore romano Flavio Monti, estensore di una tesi di laurea specifica sul falco pescatore e incaricato del monitoraggio e dell’osservazione sul campo dei pulli di falco pescatore, è stato il Guardaparco Gianfranco Martini, coadiuvato da Giuseppe Anselmi, ed autore egli stesso del secondo video proiettato nella serata. Il pubblico ha particolarmente apprezzato l’iniziativa, con applausi convinti al termine di ogni proiezione e partecipando al breve dibattito conclusivo con qualche domanda ed ulteriori richieste di spiegazioni. La Pro Loco Alborensis, lieta di aver ospitato con pieno successo, proprio ad Alberese – cuore e porta d’accesso al Parco della Maremma – l’evento, è sempre più convinta dell’importanza e della necessità di far conoscere e divulgare presso la popolazione le attività di ricerca e i progetti del Parco. Solo, infatti, un più consapevole e attivo coinvolgimento dei residenti e dei turisti potrà contribuire alla salvaguardia di un territorio che, per la qualità delle sue coste rocciose e delle sue preziose aree umide, ci auguriamo possa tornare di nuovo stabilmente ad ospitare la riproduzione in loco del Balbuzard pêcheur o Pandon haliaetus (questo il nome scientifico del falco pescatore), le sue evoluzioni in volo e i suoi sensazionali tuffi nell’acqua.

Aldo Maiorano

Poesie sulla e per la pace

Per un concorso di poesie inedite sulla pace della Pro Loco di Cologno Monzese
(Settembre 2005)

La Pace

La pace è la forza
della non violenza,
volontà buona, armata
d’ardente pazienza.
Amor di giustizia,
odia la prepotenza,
la pace non è
imbelle acquiescenza.
Non è pavidità,
ignavia o indifferenza:
la Pace è vigile
ed attiva presenza.
Non è rassegnazione
muta e impotente:
ha la tenacia e la tempra
del combattente.
La pace ripudia il terrore
e la guerra:
è la casa di tutti
su tutta la terra.

Cologno, 6 settembre 2005



I Pacifisti

Sì, siamo noi, pacifisti,
siamo noi le anime belle,
costruttori pazienti di teste
e di cuori, fratelli e sorelle.
Non amiamo la guerra,
nè la quiete ipocrita e imbelle.
Il terrorismo ci ripugna,
abbiamo occhi di luce di stelle.
Sì, è vero, siamo dei sognatori:
pessimisti con la mente,
ma ottimisti nei cuori.
Sì, è vero, siamo ingenui ed illusi:
ma non siamo anime morte,
non siamo collusi.


15 Febbraio 2003

Roma, piazza San Giovanni,
15 febbraio:
il cuore d’Italia non è guerrafondaio.
Migliaia di volti e corpi di persone
hanno detto no alla guerra,
non nel loro nome.
Migliaia di occhi, piedi e mani
hanno dato voce alla pace,
speranza al domani.
Un oceano multicolore di bandiere
sotto un cielo dipinto di blu:
come l'incesto, anche la guerra,
un giorno, diventerà tabù!

Aldo Maiorano

Che siano maledetti!

(Lettera pubblicata su “Il Mattino” di Napoli il 18 novembre 1989)

Ho letto le dotte ed interessanti riflessioni critiche del prof. Fulvio Tessitore sul significato complessivo della storia di Napoli e sul “carattere” dei napoletani. E le dolenti, pessimistiche ed amare sue considerazioni (quasi un epitaffio) sulla decadenza ormai irreversibile della città, culminate nella indignata e vibrante invettiva (“Che siano maledetti!”) contro gli ignoti sfregiatori dell’arco di Castel Nuovo, vero e proprio simbolo di Napoli.
Mi sono tornate alla memoria le seguenti parole di Amedeo Maiuri: “C’è una depressione che è forse peggiore di quella economica” – scriveva il compianto archeologo nel suo “Epicedio” napoletano – “ed è la rassegnazione a subire una violenza non contro ciascuno di noi ma contro quel che è patrimonio di tutti”.
Ebbene, mi auguro che non vadano smarrite, da parte di tutti, almeno la volontà e la forza, civili e morali, di continuare ad indignarsi. Altrimenti, per Napoli, sarebbe davvero la fine.
Aldo Maiorano
Napoli

Capanni di tronchi

Capanni di tronchi,
come castelli di sabbia,
provvisori rifugi,
tra le dune
e la spiaggia.
Riparo agli sguardi,
alcove d’amori
di corpi salati,
bruciati dal sole.
Capanni arredati
con gli avanzi del mare,
con gli scarti portati
dalle onde lontane.
Alloggi improvvisati,
per durare un’estate,
presenze umane
di vite incrociate.
Spazzati dal vento,
dalle mareggiate,
dalle piogge d’inverno,
vi ascoltiamo in silenzio,
cosa ci raccontate?

Alberese, 9 dicembre 2009

La scuola...degli animali

(da Leo Buscaglia, “Vivere, amare, capirsi”)

Un coniglio, un uccello, un pesce, uno scoiattolo, un’anatra e così via decisero di aprire una scuola. Tutti quanti si accinsero a preparare il programma. Il coniglio pretendeva che nel programma ci fosse la corsa. L’uccello pretendeva che ci fosse il volo. Il pesce pretendeva che ci fosse il nuoto. Lo scoiattolo pretendeva che ci fosse l’arrampicarsi sugli alberi. Anche tutti gli altri animali pretendevano che le loro specialità fossero incluse nel programma, e così alla fine ci misero tutto e commisero l’errore grandioso di pretendere che tutti gli animali seguissero tutti i corsi. Il coniglio era magnifico nella corsa; nessuno sapeva correre come lui. Ma gli animali sostenevano che era un’ottima disciplina intellettuale ed emotiva insegnare il volo al coniglio. Insistettero perché imparasse a volare e lo misero su un ramo e dissero: “Vola, coniglio!”. E quel poverino saltò giù, si ruppe una zampa e si fratturò il cranio. Gli restò una lesione al cervello e non potè neppure correre forte come prima. Così, anziché prendere 10 nella corsa, prese soltanto un 7. E gli diedero un 6 nel volo in considerazione del suo impegno. La commissione che aveva varato il programma era felice. La stessa cosa capitò all’uccellino…sapeva volare come una freccia e compiere bellissime evoluzioni e meritava 10. Ma pretesero che scavasse tane nel terreno come una marmotta. Naturalmente si ruppe le ali, il becco e tutto il resto e non potè più volare. Ma la commissione fu ben contenta di dargli 7 in volo e così via. E sapete chi riuscì meglio, in tutta la classe? Un’anguilla mentalmente ritardata, perché riusciva a destreggiarsi alla meno peggio in tutte le materie. Il gufo se ne andò indignato…

Lessico bianciardiano 1971, da "Chiese escatollo e nessuno raddoppiò", Baldini e Castoldi, 1995

ANARCHIA: Per me anarchia significa una società fondata sul consenso e non sulla forza. Vorrei abolire: le carceri, i prefetti, i questori, i poliziotti. Vorrei una scuola dove s’impari e non si processino gli alunni, una scuola dove tutti insegnano a tutti. Vorrei abolire il matrimonio, vorrei che ciascuno liberamente decidesse di volta in volta qual è la sua scelta. Vorrei abolire i padroni. Questa è l’anarchia, per me. (Guerin Sportivo 1971)
BRERA ED IO: Siamo due faticatori della macchina da scrivere. Tiriamo il carrello (come ama dire Gianni Brera) dalla mattina alla sera. Nella mia carriera ho scritto cinquantamila pagine; forse altrettante Brera. La differenza sta lì: lui padano, io maremmano, ma per il resto ci somigliamo molto.(Guerin Sportivo 1971)
DIVORZIO: Sciolgo inni al libero amore. Non faccio alcuna distinzione tra il divorzio di fatto e quello di diritto. Per me queste distinzioni sono inutili. Il divorzio, di qualunque tipo, è un rattoppo su qualcosa di finito male. La battaglia per il divorzio è una battaglia di retrovia. Occorre battersi contro il matrimonio. (Guerin Sportivo 1971)
GARIBALDI: Garibaldi fu un uomo schietto, ma non fu né stolido né semplicione. Fu un grande trascinatore di folle, ma soprattutto fu l’unico generale italiano di questi due secoli capace di vincere una battaglia. (Guerin Sportivo 1971)
GIOVANI: Il problema dei giovani però non è facile. I tempi sono cambiati: oggi a quattordici anni i ragazzi vogliono già la motocicletta, il giradischi stereofonico. Non vogliono faticare: ma questo dipende dal fatto che noialtri abbiamo lavorato perché così fosse. Noialtri abbiamo lavorato per far sì che i nostri figli non debbano soffiare il vetro. I giovani d’oggi sono magari scontenti (del brodo grasso) e danno la colpa a noi. Ma è nella logica delle cose. Nel fisico i ragazzi e le ragazze anche sono più belli di noi, questo è indubitabile.(Guerin Sportivo 1971)
INTELLIGENZA:L’intelligenza vera è quella semplice, chiara e diretta, oltre che arguta. Provi a leggere Voltaire, Cartesio, Diderot e se ne accorgerà. (Guerin Sportivo 1971)
IO: E poi io sono costituzionalmente arabo.(Guerin Sportivo 1971) Cinico non direi, sono un discepolo di Voltaire e non di Diogene. (Guerin Sportivo 1971)
ITALIA: L’Italia è un paese fatto di campanili. (Guerin Sportivo 1971)
LIBRI: Per curiosità ho sfogliato il catalogo della Biblioteca Nazionale Centrale: occupo centocinquanta schede. Ma mi piacerebbe restarci per un libro solo, quello che considero il mio più bello: “La battaglia soda”. Pochi se ne sono accorti, ma è così. (Guerin Sportivo 1971)
MAESTRI: I miei maestri si chiamano così: Giovanni Verga, catanese. Seguo invano le sue tracce da quando avevo diciotto anni. Carlo Emilio Gadda...tuttora insuperato. Henry Miller, detto anche Enrico Molinari, da New York, che ebbi la fortuna di tradurre e di conoscere personalmente.
MAO TSE-TUNG: Mao Tse-Tung è il maggior uomo politico vivente, ha fatto la lunga marcia, che rimane la più grande impresa del nostro secolo. Per il mondo, in assoluto, la rivoluzione cinese è più importante di quella francese. Perché ha portato alla storia moderna un popolo di circa un miliardo di uomini e donne. (Guerin Sportivo 1971)
MAREMMA: Io non sono campanilista, anche se sono toscano, anzi maremmano. Il campanilismo, fra noi, è limitato agli affari interni. Siena contro Firenze, Lucca contro Pistoia e tutti quanti contro Grosseto (patria mia) che sarebbe una specie di colonia toscana. (Guerin Sportivo 1971)
I toscani sono per loro natura faziosi e rissosi, negligenti e impudenti, spudorati e squilibrati. Io non sono toscano, sono maremmano e in Maremma i pugili vengono su come il loglio nel grano. (Guerin Sportivo 1971)
In quanto ai maremmani…noi siamo stati e siamo una specie di sudditanza economica e civile rispetto a Siena e a Firenze. La Maremma, al tempo dell’illuminato (te lo raccomando) Leopoldo II, era una terra da ergastolani. Li mettevano alla scelta fra il maschio di Volterra e le paludi maremmane. La nostra terra la chiamavano, negli atti ufficiali, “provincia inferiore di Siena”. Donde il mio rancore contro i toscani, i quali solitamente non sono disposti a riconoscere la mia toscanità. Maremmano, dicono, come se fosse un insulto. Però, quando gioco fuori casa, per esempio fra i longobardi di Milano, allora ridivento toscano e mi attacco al meno peggio, voglio dire alla Fiorentina. (Guerin Sportivo 1971)
MATRIMONIO: Il matrimonio è un istituto da abolire subito. Come istituto, naturalmente. Allo stesso modo in cui esiste l’amicizia, ma non l’istituto pubblico dell’amicizia. Per avere un amico non occorre presentarsi al parroco o al sindaco.(Guerin Sportivo 1971)
PASCOLI E CARDUCCI: Pascoli e Carducci sono due poeti contemporanei fra loro. Il secondo scrive spesso come se fosse finanziato dagli Enti provinciali del turismo; il primo, è poeta intimista, garbato, buon verseggiatore, forse troppo preso dal gusto della parola. Diciamo di una gomma, ma sicuramente è lui che taglia il traguardo. (Guerin Sportivo 1971)
PICASSO: Pablo Ricasso è il più grande pittore del nostro secolo. La Gioconda è un capolavoro immortale, ma la Guernica di Ricasso resterà nella storia dell’arte a rappresentare altrettanto validamente un’altra epoca e un’altra scuola non meno significativa. (Guerin Sportivo 1971)
POETI E SCRITTORI: …Pochi lo sanno, ma in Italia i poeti di livello europeo sono più d’uno. Mettiamo in cima alla fila Eugenio Montale e, subito dopo, fra i viventi, Giorgio Caproni e Andrea Zanzotto…Fra i prosatori, metterei in vetta alla classifica il venerato Carlo Emilio Gadda e dietro di lui farei venire il mio coetaneo Italo Calvino. Poi Carlo Cassola…Goffredo Parise e Pier Paolo Pasolini, che non è solo un abatino della nostra cultura e un egregio regista di cinema, ma anche un poeta notevolissimo. Poi…Giovanni Arpino. Se infine ha un ritaglio di tempo da dedicare a chi le scrive, apra il libro mio che io (ma soltanto io ) giudico il più bello. Si intitola, machiavellicamente, La battaglia soda. (Guerin Sportivo 1971)
Il miglior poeta dell’Ottocento non in Italia ma nel mondo si chiama Giacomo Leopardi. Il miglior narratore è Alessandro Manzoni, anche se io gli preferisco Giovanni Verga. (Guerin Sportivo 1971)
RISORGIMENTO: Il Risorgimento italiano, come tutte le grandi rivoluzioni, fu opera di pochi uomini: Mille che andarono in Sicilia, tutti intellettuali, con quel genio folle che fu Garibaldi. In più un’armata di francesi che vennero da noi agli ordini di un megalomane chiamato Napoleone Terzo. A capo di tutti stava un grosso cervello, Camillo Benso conte di Cavour, che risolse le cose a modo suo. Cioè male. Fatta l’unità d’Italia cominciarono i guai, cioè la guerra dei briganti, la più sanguinosa fra tutte. Di solito non se ne parla, per la cosiddetta carità di patria, ma durò sei anni e fu micidiale. Fu una guerra civile fra nord e sud, fra ricchi e poveri, una guerra che non è ancora finita. Insomma…l’unità d’Italia deve ancora farsi. Tocca a noi. (Guerin Sportivo 1971)
SCUOLA: La scuola italiana non funziona nella misura in cui non funziona la nostra società. Per i miei figli vorrei una scuola dove fosse, innanzi tutto, abolito il voto. Una scuola dove ogni giorno tutti interrogassero tutti, compreso l’insegnante, anzi lui per primo. Una scuola di collaborazione. Una scuola che non fosse un tribunale, ma un posto d’incontro per imparare, da tutti. (Guerin Sportivo 1971)
SINISTRA: Essere di sinistra non significa ormai nulla…Io sono anarchico, nel senso che auspico una società basata sul consenso e non sull’autorità. (Guerin Sportivo 1971)
TOTÒ: attore cinematografico più significativo del secolo.(Guerin Sportivo 1971)
UOMINI SERI: Gli uomini seri prendono in giro tutti, anche se stessi. È una specie di tonico. (Guerin Sportivo 1971)
VINTI: Sì, in genere sto dalla parte dei vinti, che hanno sempre ragione. Fui per gli ebrei, quando li ammazzavano, sono per gli arabi, ora che costoro subiscono le conseguenze di un enorme delitto europeo. (Guerin Sportivo 1971)
VITA AGRA: Come si fa a scrivere una nuova Vita Agra?...certi libri nascono così: per uno sfogo che coinvolge tutta una generazione. Era un libro che qualcuno prima o poi doveva scrivere. La fortuna è toccata a me. Ora sto pensando un altro romanzo autobiografico che si chiamerà La distonia. .(Guerin Sportivo 1971)
Ora la vita è sicuramente meno agra. Non si stenta ad arrivare alla fine del mese, non si saltano più cene, ci possiamo permettere di bere un bicchiere buono. Però, se la vita è oggi meno agra, è molto più confusa. I valori si confondono, le persone cambiano faccia, e ci si sente male. In un modo diverso, ma forse più di prima. (Guerin Sportivo 1971)

I fiori del Corano



Consiglio di lettura breve

Storia dell’amicizia tra Momo, adolescente ebreo, e Ibrahim, “arabo”, anziano e saggio titolare di una drogheria, ambientata in un popolare quartiere parigino, idealizzato e mitizzato, tra rue Bleue e rue de Paradis, raccontata in forma di favola o di apologo, con ironia, candore, leggerezza e semplice saggezza, e dalla quale è stato tratto l’omonimo film di François Dupeyron con Omar Sharif.
Il racconto è un invito alla tolleranza religiosa, all’amore per la vita, alla spiritualità, alla comprensione e alla conoscenza dell’altro nel rispetto della diversità, al di là di ogni ossessiva e dogmatica chiusura in una malintesa e gretta identità di appartenenza.

Citazioni dal testo:
“La bellezza è dappertutto…Dovunque tu giri lo sguardo”.
“Quello che dai…è tuo per la vita; e quello che non dai è perduto per sempre”.
“Quando vuoi sapere se il posto dove ti trovi è ricco o povero, guarda la spazzatura. Se non vedi immondizia né pattumiere, vuol dire che è molto ricco. Se vedi pattumiere ma non immondizia, è ricco. Se l’immondizia è accanto alle pattumiere, non è né ricco né povero: è turistico. Se vedi l’immondizia e non le pattumiere, è povero. E se c’è gente che abita in mezzo ai rifiuti, vuol dire che è molto, molto povero”.
“Non prendiamo l’autostrada. Le autostrade ci passi e basta, non c’è niente da vedere. Sono buone per gli imbecilli che vogliono andare il più velocemente possibile da un punto all’altro. Noi non facciamo della geometria, noi viaggiamo”.
“Vedi…nella mia vita avrò anche lavorato molto, ma ho lavorato lentamente, prendendomi il mio tempo, senza dannarmi l’anima per incassare di più o accaparrarmi i clienti, no. Il segreto della felicità è la lentezza…”.
“Facevamo un sacco di giochi. Mi conduceva nei luoghi di culto con una benda sugli occhi perché indovinassi la religione dall’odore. Qua c’è odore di ceri, è cattolico….Qui c’è odore d’incenso, è ortodosso…E qua c’è puzza di piedi, dev’essere musulmano…Non ti piace un posto che odora di corpi umani? A te non puzzano mai, i piedi? Ti disgusta un luogo di preghiera che odora di uomo, che è fatto per gli uomini, con gli uomini dentro? …A me, questo profumo di pantofole, mi rassicura. Mi fa pensare che non valgo più dei miei simili. Mi sento col naso, sento noi col naso, e quindi mi sento già meglio!”.
“Il cuore dell’uomo è come un uccello rinchiuso nella gabbia del corpo. Quando danzi, il cuore canta come un uccello che aspira a fondersi con Dio…I dervisci…girano su se stessi, girano intorno al loro cuore, che è il luogo della presenza di Dio. È come una preghiera…Perdono tutti i punti di riferimento terrestri, perdono quella pesantezza che noi chiamiamo equilibrio, diventano fiaccole che si consumano in un grande fuoco…Più il corpo diventa pesante, più lo spirito diventa leggero”.

Le belle bandiere e ...le battaglie perse

“Non si spezza una storia, non si interrompe un’emozione”. “Troppa pubblicità uccide la pubblicità”.
Con questi slogan felici e, direi, proprio belli, il PCI ha promosso una difficile ma importante battaglia politico-culturale che ha, almeno per ora, riscosso un notevole successo, confermato dal voto espresso dal Senato contro l’eccessiva proliferazione degli spot e, in particolare, contro l’interruzione continua dei film trasmessi in tv.
Mi auguro che la Camera dei Deputati confermi tale posizione che, a mio parere, non costituisce affatto un “dettaglio tecnico” di irrilevante significato, come è stato da qualche affermato. Si è trattato, infatti, di un’importante battaglia di civiltà e di libertà, di indubbio valore non solo politico ma anche culturale ed educativo. Essa ha posto di nuovo al centro dell’attenzione, nel mondo del spettacolo e dell’informazione televisiva sempre più dominato da giochetti pubblicitari, giochi di potere e giochino vari, i valori del rispetto sia dell’integrità e della bellezza dell’opera d’arte, sia della dignità dei telespettatori, sia del prevalere dell’interesse pubblico su quello privato,
Non una battaglia di retroguardia, dunque, ma un’iniziativa tesa a salvaguardare, dalla marea spesso volgare dell’affollamento pubblicitario dilagante, il significato stesso della pubblicità autentica quale indispensabile strumento di informazione e comunicazione in una moderna società di massa. L’adesione a tale campagna da parte di numerosi intellettuali, personalità della cultura e del mondo politico, registi ed attori (da Fellini a Scola a Loy e Benigni) è la dimostrazione che è ancora possibile realizzare, attorno a una proposta concreta e giusta, un ampio schieramento di forze vive e vitali. Ed è forse l’esempio più attuale delle possibilità concretamente riformatrici che si aprono ad una rinnovata formazione politica della sinistra democratica che, senza ricorrere a pericolosi trasformismi, omologazioni culturali e cedimenti sul piano etico-politico, sappia veramente coniugare la capacità di formulare proposte di governo con la critica e la trasformazione della società e dello stato di cose esistente.
Aldo Maiorano, Monza (MI)

(Lettera pubblicata su “Rinascita” del 22 aprile 1990 con il titolo “La battaglia sugli spot è un esempio” e su L’Unità del 25 aprile 1990 con il titolo “Troppa pubblicità uccide la pubblicità”)




Caro direttore,
mi sarebbe piaciuto che il PCI si fosse impegnato di più nella recente e sfortunata campagna referendaria. E non solo per promuovere una battaglia ideale, politica e civile tesa ad una più rigorosa e restrittiva regolamentazione della caccia e dell’uso dei pesticidi in agricoltura, ma anche per difendere e per diffondere realmente, con maggiore chiarezza e più vigore, una cultura e una civiltà fondate sul rispetto dell’ambiente, della natura e di tutti gli esseri viventi.
Quale altra prospettiva si potrebbe, altrimenti, immaginare se non quella della ricerca di un più giusto ed avanzato modello di sviluppo economico-sociale basato non solo sul riequilibrio tra Nord e Sud del mondo, tra aree sviluppate e aree sottosviluppate, ma anche sul riequilibrio ecologico del sistema produttivo e su un più maturo rapporto non soltanto tra gli uomini ma anche tra la natura stessa e l’uomo? Si può forse lasciare solo alle forze ambientaliste (e alla Chiesa cattolica) la prerogativa di una rinnovata ma ugualmente necessaria critica dell’attuale società industrializzata di massa, dei suoi meccanismi di sviluppo spesso distorti ed alienanti e delle sue logiche sfrenatamente consumistiche e di progressivo quanto suicida annientamento di risorse che non sono affatto illimitate?
E a chi dovrebbe spettare il compito di contribuire a costruire non solo una società aperta, dinamica, ad economia mista (né centralizzata burocraticamente né semplicemente abbandonata ai meccanismi di un libero mercato senza e senza controlli), ma anche una società fondata sul rispetto dei diritti di una cittadinanza degli uomini e delle donne, degli animali e delle piante, su uno sviluppo ecologicamente sostenibile e su una nuova civiltà planetaria basata sulla consapevolezza che “non è la Terra che appartiene all’uomo, ma è l’uomo che appartiene alla Terra”?.
Sì, mi sarebbe piaciuto che tutto questo fosse stato spiegato e chiarito con più forza e convinzione nel corso della recente consultazione popolare. L’esito del referendum ha, invece, segnato una battuta d’arresto al riguardo ed ha, insieme, inferto un duro colpo allo stesso istituto referendario quale strumento di partecipazione democratica diretta dei cittadini, in una fase politica in cui si accrescono in modo preoccupante segnali sempre più chiari di sfiducia e scollamento tra cittadini, politica ed istituzioni e fenomeni di corporativismo, indifferenza e disgregazione sociale.
Mi sarebbe piaciuto, infine, che il PCI si fosse rivolto al corpo elettorale, dopo l’esito del referendum, ringraziando non solo i cittadini che si sono recati alle urne per votare sì, ma anche e, forse, soprattutto, quelli che hanno votato no e che hanno esercitato, responsabilmente e civicamente, il loro diritto-dovere di libera espressione e di partecipazione democratica.
Una nuova e diffusa cultura dell’ambiente e, insieme, una nuova e diffusa cultura della democrazia, nella direzione di una società in cui possano coesistere crescita economica e progresso civile e culturale, sviluppo tecnico-scientifico, difesa dell’ambiente e democrazia, libertà e giustizia: ecco, anche da qui sarà necessario ripartire, dopo la sconfitta del referendum, per rilanciare una nuova e più forte iniziativa politica di massa. O, altrimenti, si correrà il rischio di andare incontro ad una società sempre più involta nel consumismo e nell’apatia, ad una civiltà senza più natura e ad una democrazia sempre più indifferente e sempre meno partecipe.
Aldo Maiorano, Monza (MI)

(Lettera pubblicata su L’Unità di venerdì 6 luglio 1990 con il titolo “Grazie a chi ha votato”)