mercoledì 27 maggio 2020

Piccolo omaggio a Gianni Rodari

Rodari Gianni, “C’era due volte il barone Lamberto ovvero i misteri dell’isola di San Giulio”, Torino, Einaudi, 1978, p.103 “In mezzo alle montagne c’è il lago d’Orta. In mezzo al lago d’Orta, ma non proprio a metà, c’è l’isola di San Giulio. Sull’isola di San Giulio c’è la villa del barone Lamberto...”. Si tratta del celebre incipit di uno dei libri più felici, per inventiva e per respiro narrativo, di Gianni Rodari, senza alcun dubbio uno dei più importanti scrittori italiani, e non solo per ragazzi, di tutto il ‘900. L’idea di scrivere questa storia, come ha raccontato l’autore stesso, nasce da “un appunto a margine di un libro sulla religione dell’Antico Egitto”. In quel libro Rodari aveva trovato un versetto che lo aveva colpito in modo particolare: “L’uomo il cui nome è detto resta in vita”. Da questa poetica immagine sui rapporti tra vivi e defunti, i quali continuano a vivere fino a quando si continua a parlare di loro e il loro nome e la loro memoria tornano nei discorsi dei loro cari, ha origine la storia di Lamberto, inizialmente raccontata a voce a decine di scolaresche delle elementari e delle medie e, poi, di volta in volta, arricchita con le critiche, i suggerimenti e le proposte dei ragazzi stessi. Il racconto è divertente e gustoso, pieno di sorprese, ricco di situazioni e personaggi esilaranti e ai limiti del grottesco ed esemplifica, in modo davvero emblematico e significativo, la “Grammatica della Fantasia”, forse la cifra più autentica dell’opera di Rodari, con quel suo gusto tutto particolare dell’infrazione delle regole, della creatività e del gioco sulle e con le parole. Una lettura sicuramente piacevole, dunque, e non solo per i ragazzi ai quali il libro è, in effetti, esplicitamente indirizzato. Si consiglia, tra l’altro, dopo aver letto il libro, un’interessante e altrettanto piacevole gita al lago d’Orta, proprio nei luoghi in cui è ambientata la vicenda e in cui Rodari è nato. Ne vale la pena! La parola all’autore “In mezzo alle montagne c’è il lago d’Orta. In mezzo al lago d’Orta, ma non proprio a metà, c’è l’isola di San Giulio. Sull’isola di San Giulio c’è la villa del barone Lamberto, un signore molto vecchio (ha novantatré anni), assai ricco (possiede ventiquattro banche in Italia, Svizzera, Hong Kong, Singapore, eccetera), sempre malato. Le sue malattie sono ventiquattro. Solo il maggiordomo Anselmo se le ricorda tutte. Le tiene elencate in ordine alfabetico in un piccolo taccuino: asma, arteriosclerosi, artrite, artrosi, bronchite cronica, e così avanti fino alla zeta di zoppia. Accanto a ogni malattia Anselmo ha annotato le medicine da prendere, a che ora del giorno e della notte, i cibi permessi e quelli vietati, le raccomandazioni dei dottori...”. “Le favole di solito cominciano con un ragazzo, un giovinetto o una ragazza che, dopo molte avventure, diventano un principe o una principessa, si sposano e danno un gran pranzo. Questa favola, invece, comincia con un vecchio di novantaquattro anni che alla fine, dopo molte avventure, diventa un ragazzino di tredici anni. Non sarà uno sgarbo al lettore? No, perché c’è la sua brava spiegazione... ...Non tutti saranno soddisfatti della conclusione della storia. Tra l’altro non si sa bene che fine farà Lamberto e cosa diventerà da grande. A questo, però, c’è un rimedio. Ogni lettore scontento del finale può cambiarlo a suo piacere, aggiungendo al libro un capitolo o due. O anche tredici. Mai lasciarsi spaventare dalla parola FINE”. (I brani sono tratti dal primo capitolo e dall’Epilogo del libro). Scheda bio-bibliografica Gianni Rodari nasce a Omegna, sul lago d’Orta, in provincia di Novara, nel 1920. Si diploma maestro e nel 1938, a diciotto anni, comincia a insegnare nelle scuole elementari. Partecipa alla Resistenza nelle S.A.P. (Squadre Armate Patriottiche). Nel dopoguerra, tra il 1948 e il 1950, lavora come giornalista alla redazione milanese de “L’Unità”, iniziando a pubblicare storie e racconti per ragazzi. Nel 1970 gli viene assegnato da una giuria internazionale il premio Andersen, un premio definito “il Nobel della letteratura infantile”. Muore a Roma il 14 aprile 1980. I suoi libri (filastrocche, poesie, favole, racconti e romanzi) sono tradotti in una grande quantità di lingue straniere. Gianni Rodari si avvia ormai ad essere considerato come uno dei più importanti scrittori per ragazzi di tutto il ‘900, oltre a rappresentare per moltissimi insegnanti un punto di riferimento insostituibile nel lavoro educativo. La produzione di Rodari è estremamente ricca ed è pertanto assai difficile scegliere tra le sue opere quelle da definire migliori. Ne indichiamo solo alcune, a scopo puramente orientativo: ”Le avventure di Cipollino” (1950), “Favole al telefono” (1962), “Gip nel televisore” e “Il libro degli errori” (1964), “La torta in cielo” (1966). C’è poi un’opera importante del 1973 dal titolo “Grammatica della fantasia” in cui Rodari, tra l’altro, spiega come i bambini possono inventare, quasi giocando, storie e filastrocche. Uno dei suoi libri più felici è, tuttavia, proprio “C’era due volte il barone Lamberto”, scritto nel 1978. P.S. Questa recensione fu preparata per il mensile d’informazione del Quartiere San Rocco di Monza “Sottopasso”, di cui uscì solo il primo numero nel luglio 1991, anno 1, n.° 0, in attesa di autorizzazione, per la rubrica “Il piacere della lettura”. Non fu mai pubblicata. Il mensile, direttore responsabile Salvatore Pendolino, e della cui redazione facevano parte Giorgio Biffi, Elvio Bramati, Alberto Fontana, Adelfio Moretti, Ennio Ripamonti, Antonella Tarsi, oltre al sottoscritto, nacque “autonomo, indipendente, utile, locale, progressista” e soprattutto “povero” ma fu “stroncato” sul nascere.

I draghi locopei...del 1991!

Zamponi Ersilia, “I draghi locopei. Imparare l’italiano con i giochi di parole”, Torino, Einaudi, 1986, 135 p. Fu Umberto Eco a segnalare per primo, su L’Espresso, la novità dell’esperienza che Ersilia Zamponi andava facendo con i suoi ragazzi: un’attività ricca di apprendimento e di divertimento documentata in questo libro di indubbio successo. Esso raccoglie i giochi di parole sperimentati dall’autrice nell’ambito di alcuni corsi complementari svolti negli anni dal 1982 al 1985, nella scuola media a tempo prolungato di Crusinallo, in provincia di Novara. Il titolo, curioso e simbolicamente fantasioso del libro, “I draghi locopei” è, infatti, nient’altro che l’anagramma dell’espressione “Giochi di parole”. Giocando e divertendosi - ma dov’è scritto che la scuola deve essere necessariamente noiosa? - i ragazzi, guidati dall’insegnante, hanno imparato a usare diversi strumenti di invenzione e gioco linguistici, arricchendo il proprio lessico, utilizzando - come non sempre avviene nelle aule scolastiche - il dizionario della lingua italiana, sviluppando il gusto, la curiosità e l’emozione per la soluzione di un enigma e sperimentando essi stessi la creatività e le infinite possibilità combinatorie del linguaggio verbale. Il libro, che si ispira alle idee e ai suggerimenti pratici di Rodari, Queneau, Dossena, offre un’ampia serie di materiali e giochi linguistici dai nomi spesso misteriosi quali, ad esempio, triangoli e trapezi di parole, zeppe, metagrammi, bifronti, sciarade, acrostici e mesolitici, limerick e via giocando. Per ognuno di essi l’autrice propone una breve spiegazione e riproduce le soluzioni creative individuate dai ragazzi. Un libro, in definitiva, utile, istruttivo e divertente da utilizzare in concreto, e non solo nelle aule scolastiche, per scoprire e/o riscoprire le “potenze bifide ed esplosive del linguaggio” come suggerisce lo stesso Umberto Eco e che offre una significativa testimonianza sulle opportunità didattiche offerte dal tempo prolungato nelle attività cosiddette extra-curricolari. La parola all’autrice Ecco alcuni degli esercizi svolti dalle alunne e dagli alunni di Ersilia Zamponi. ANAGRAMMA: fare un anagramma vuol dire comporre, con le stesse lettere di una parola o frase, altre parole o frasi di diverso significato. Anagrammi di nomi e cognomi: Camorcia Nicola/Rima in coccola. Ersilia Zamponi/Si pela i romanzi. ACROSTICO: scegli una parola e scrivila verticalmente in stampatello, poi componi una frase usando parole che comincino con le lettere incolonnate. Un acrostico composto dai ragazzi: C on I mmenso A more O vunque SLOGAN: giocando con la rima, puoi inventare degli slogan pubblicitari. I Draghi Locopei hanno scritto alcuni slogan per fare pubblicità...alla loro scuola. Eccone alcuni:La Scuola Media Rodari è priva di somari. Vieni al Tempo Pieno se vuoi annoiarti di meno. Facendo 38 ore potrai diventar migliore. Al Tempo Pieno il tempo se ne va in un baleno. Scheda bio-bibliografica Ersilia Zamponi vive a Omegna, in provincia di Novara, dove è nata. Ha cominciato a insegnare fin dall’età di diciotto anni, prima nelle scuole elementari, poi nelle scuole medie. Attualmente presta servizio nella scuola media statale “Gianni Rodari” di Crusinallo. Nel 1986 pubblica, nella collana “Gli struzzi” della casa editrice Einaudi, “I draghi locopei. Imparare l’italiano con i giochi di parole”, in cui raccoglie le attività e i giochi linguistici sperimentati con i suoi allievi del tempo prolungato, negli anni dal 1982 al 1985. Il libro, anche grazie a una recensione di Umberto Eco apparsa su l’Espresso del 23 giugno 1985, riscuote subito un notevole successo. Nel 1988 Ersilia Zamponi pubblica, insieme al poeta Roberto Piumini, un altro volume, sempre nella stessa collana della casa editrice Einaudi, con il titolo di “Calicanto. La poesia in gioco”. Il libro è composto da poesie di Roberto Piumini (poesie che parlano della poesia) e da proposte di lettura, osservazioni e giochi espressivi che Ersilia Zamponi, sviluppando gli stimoli dei testi, ha realizzato con i ragazzi. Proprio recentemente, infine, ha pubblicato un altro suo lavoro, con il titolo “Quaderno di lessico”, vero e proprio strumento operativo e di lavoro didattico che si rivolge in particolar modo agli alunni delle prime classi di scuola media. Al lavoro di Ersilia Zamponi il settimanale “Avvenimenti” ha recentemente dedicato un ampio spazio nel numero 14 del 10 aprile 1991. P.S. Questa recensione fu preparata per il mensile d’informazione del Quartiere San Rocco di Monza “Sottopasso”, di cui uscì solo il primo numero nel luglio 1991, anno 1, n.° 0, in attesa di autorizzazione, per la rubrica “Il piacere della lettura”. Non fu mai pubblicata. Il mensile, direttore responsabile Salvatore Pendolino, e della cui redazione facevano parte Giorgio Biffi, Elvio Bramati, Alberto Fontana, Adelfio Moretti, Ennio Ripamonti, Antonella Tarsi, oltre al sottoscritto, nacque “autonomo, indipendente, utile, locale, progressista” e soprattutto “povero” ma fu “stroncato” sul nascere.

La recensione...ritrovata!

“L’amico ritrovato” di F. Uhlman: un “capolavoro minore”. Uhlman Fred, L’amico ritrovato, Milano, Feltrinelli, 1986. Il libro, da cui è stato tratto recentemente anche un bel film per la regia di Jerry Schatzberg, è un romanzo breve o, più precisamente, una lunga novella, dal titolo originale inglese “Reunion”. Si tratta della storia - narrata dall’autore dal punto di vista di uno dei due protagonisti, Hans Schwarz, figlio sedicenne di un medico ebreo - della breve ma intensa amicizia fra questi e un suo compagno di scuola, di nobilissima famiglia, Konradin Hohenfels. Ambientata nei luoghi dell’adolescenza dello scrittore, tale amicizia nasce, fiorisce e muore nel giro di meno di un anno: dal febbraio alle vacanze di Natale del 1932, un mese prima dell’avvento di Hitler al potere. E si concluderà drammaticamente. Infatti, l’antisemitismo nazista costringerà i genitori di Hans a mandare il figlio negli Stati Uniti d’America e la breve ma profonda amicizia tra i due adolescenti sarà prematuramente spezzata...ma non in modo irrimediabile. Trent’anni dopo, Hans verrà a sapere della morte del suo caro amico Konradin, giustiziato dai nazisti per aver partecipato al complotto per uccidere Hitler, “ritrovando” così ancora vivo e intatto il ricordo e il più autentico significato del sentimento dell’amicizia. La vicenda, dall’esile trama autobiografica, è rievocata con grande nostalgia e tenera malinconia, pur sullo sfondo di una terribile e tragica catastrofe storica che travolgerà, insieme alle vite dei due giovani amici, l’esistenza di milioni e milioni di persone. Una piccola grande storia d’amicizia e sull’amicizia tra ragazzi che, come ci ricorda l’autore stesso, “costituisce una delle esperienze più preziose della vita” proprio per la sua devozione totale e disinteressata. Davvero un “capolavoro minore”. Assolutamente da leggere. La parola all’autore. “Ho esitato un po’ prima di scrivere che avrei dato volentieri la vita per un amico, ma anche ora, a trent’anni di distanza, sono convinto che non si trattasse di un’esagerazione e che non solo sarei stato pronto a morire per un amico, ma l’avrei fatto quasi con gioia...I giovani tra i sedici e i diciotto anni uniscono in sé un’innocenza soffusa di ingenuità, una radiosa purezza di corpo e di spirito e il bisogno appassionato di una devozione totale e disinteressata. Si tratta di una fase di breve durata che, tuttavia, per la sua stessa intensità e unicità, costituisce una delle esperienze più preziose della vita.” “Quanto ai problemi che ci assillavano, cercavamo di risolverli da soli, senza l’aiuto degli altri. Non ci venne mai in mente di rivolgerci ai nostri genitori. Appartenevano a un altro mondo - ne eravamo certi - e non ci avrebbero capito o si sarebbero rifiutati di prenderci sul serio. Di loro non parlavamo mai: ci sembravano lontani come le nebulose, troppo grandi e troppo cristallizzati in convenzioni di un tipo o dell’altro. Konradin sapeva che mio padre faceva il medico, così come io ero al corrente del fatto che il suo era stato ambasciatore in Turchia e in Brasile, ma la nostra curiosità finiva qui ed era forse per questo che nessuno dei due era mai stato a far visita all’altro. Le nostre interminabili discussioni avvenivano per la strada, sulle panchine o negli androni dove andavamo a rifugiarci quando pioveva. Un giorno, mentre eravamo davanti a casa mia, mi venne in mente che Konradin non aveva mai visto la mia stanza, con i miei libri e le mie varie collezioni, e, quindi, sotto l’impulso del momento, gli dissi: - Perché non entri con me?” Scheda bio-bibliografica Fred Uhlman nacque nel 1901 a Stoccarda, capitale del Wurttemberg, nella Germania sud-occidentale, da una famiglia di origine ebraica. Frequentò il liceo classico e, dopo la prima guerra mondiale, si laureò in legge. Non potè, tuttavia, esercitare a lungo in patria la professione di avvocato perché, dopo l’avvento al potere della dittatura nazista di Hitler, fu costretto a lasciare la Germania per sottrarsi alla persecuzione razziale scatenatasi contro gli ebrei. Nel 1933 emigrò, pertanto, negli Stati Uniti d’America, dove si dedicò alla sua professione di avvocato e alla sua attività di pittore. Trascorse l’ultima parte della sua vita in Inghilterra, senza fare più ritorno in Germania. Morì a Londra nel 1985. Fred Uhlman non era uno scrittore di professione e, tra i pochi esperimenti letterari da lui lasciati, solo “L’amico ritrovato” era destinato in modo esplicito alla pubblicazione. Fu, comunque, l’autore di altri due “racconti lunghi”, sostanzialmente autobiografici, e nei quali torna a riflettere sulla sua esperienza di persecuzione e di sradicamento. Anch’essi sono stati recentemente tradotti in Italia con il titolo, rispettivamente, di “Un’anima non vile” e “Niente resurrezioni, per favore”. Il vero e proprio “capolavoro minore” di Uhlman, secondo la nota definizione dello scrittore austro-ungherese Arthur Koestler, resta tuttavia proprio la novella “L’amico ritrovato”, di cui si raccomanda ancora una volta la lettura. P.S. Questa recensione fu preparata per il mensile d’informazione del Quartiere San Rocco di Monza “Sottopasso”, di cui uscì solo il primo numero nel luglio 1991, anno 1, n.° 0, in attesa di autorizzazione, per la rubrica “Il piacere della lettura”. Non fu mai pubblicata. Il mensile, direttore responsabile Salvatore Pendolino, e della cui redazione facevano parte Giorgio Biffi, Elvio Bramati, Alberto Fontana, Adelfio Moretti, Ennio Ripamonti, Antonella Tarsi, oltre al sottoscritto, nacque “autonomo, indipendente, utile, locale, progressista” e soprattutto “povero” ma fu “stroncato” sul nascere.