La piazza di Milano, Libera. La piazza di Roma, Occupata. L’Italia vera di Don Ciotti. L’Anti-Italia di plastica di Berlusconi. Il popolo della religione dell’amore e della libertà era in piazza a Milano, oggi 20 marzo 2010, con Don Ciotti, accanto a tutte le vittime della mafia, del terrorismo e del lavoro, a tessere e a creare legami di legalità e di responsabilità. Non era in Piazza San Giovanni, a Roma, a sventolare le anti-italiane bandiere della falsa e retorica italianità e a recitare slogan e cori.
Perché la Libertà, nella sua essenza, è coscienza ed azione morale. Scriveva Benedetto Croce ne “La storia come pensiero e come azione” che la libertà “non è un fatto contingente ma un’idea” e “scrutandola veramente a fondo, non è altro che la stessa coscienza morale, la quale, al pari di essa, non in altro consiste che nel pungolo ad accrescere di continuo la vita, e perciò nel riconoscere in sé e negli altri l’uomo, la forza umana da rispettare e da promuovere nella sua varia capacità creatrice”.
La piazza della vita e dei valori dell’umanità era a Milano, non a Roma.
Perché l’identificazione tra libertà e coscienza morale, che si ricongiunge all’etica kantiana, ha il valore prezioso di evitare la confusione tra la Libertà, intesa nel suo senso proprio, come volizione dell’universale, e la libertà del volere, inteso come impeto del fare personale individualistico.
Scriveva De Ruggiero nella sua “Storia del liberalismo europeo”: “C’è …una libertà come arbitrio, come licenza, che anche giovando a promuovere l’attività dell’uno nuoce a quella degli altri; ammetterla, significherebbe annientare la convivenza civile e con essa la radice stessa della libertà umana. Ecco, dunque, un primo limite liberale alla libertà, che consiste nel garantire la coesistenza dell’arbitrio dell’uno con quello dell’altro. Insieme con la libertà nasce la legge, l’eguaglianza dei diritti”.
La piazza della Libertà e della Legalità era a Milano; la piazza dell’arbitrio era, oggi, a Piazza San Giovanni.
L’uomo libero non è colui che, come affermava Guicciardini, è inteso unicamente alla ricerca del “particulare”, pura economicità, che scissa ed astratta dalla totalità etica, resa fine a se stessa, diventa egoismo o male morale. Al contrario l’uomo libero è colui che vive nella comunità, perché soltanto nella comunità riesce ad essere libero, ossia a vivere per e con gli altri. Il liberalismo non si identifica con l’individualismo utilitario e atomistico, il quale abbassa lo Stato a strumento dell’edonismo e dell’interesse dei singoli. Il liberalismo è individualismo morale che “tratta lo Stato come mezzo e strumento di più alta vita e rifugge, dunque, tanto dall’esaltazione dello Stato a spese dell’individuo quanto dall’esaltazione dell’individuo scisso dalla comunità e, quindi, atomisticamente e utilitaristicamente concepito”. La distinzione netta tra individualismo utilitaristico e individualismo morale è, a ben guardare, la ragione di un’altra celebre distinzione crociata: quella tra liberalismo e liberismo. Il liberalismo non coincide con il liberismo. L’uno appartiene al piano dell’etica, l’altro – che aveva per insegna il famoso motto “lasciar fare, lasciar passare” – al piano economico. Croce riconobbe sempre il “primato non all’economico liberismo ma all’etico liberalismo, in rapporto al quale, dunque, vanno trattati i problemi della vita economica”. La piazza di Milano di Don Ciotti era la piazza dell’individualismo morale liberal-democratico e dell’etica della responsabilità; la piazza berlusconiana di Roma era la piazza della morale edonistica ed utilitaria e della demagogia populistica.
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