In un vecchio quaderno di appunti ho ritrovato, quasi per caso, in una nota da me scritta in data 7 dicembre 1988, i seguenti suggerimenti di Raffaello Franchini, tratti ed estratti da un suo articolo per la rivista “Criterio”, da lui fondata nel 1983 e diretta fino alla sua morte, avvenuta il 19 settembre 1990.
L’articolo, dal titolo “Insegnare all’Università: esperienze di un non pedagogista”, fu pubblicato sul numero 3, anno VI, autunno 1988, della rivista “Criterio”.
Spero di averne fatto tesoro nella mia attività di insegnante di ruolo, prima nella scuola media statale o secondaria di primo grado e, successivamente, nella scuola superiore. Provo a riassumerli, in omaggio alla sua memoria, sotto forma di decalogo pedagogico:
1. Qualunque sia il livello d’insegnamento a cui un docente è preposto, egli deve dare il massimo di sé, ossia non scendere mai al livello dei discenti, che per forza di cose è più basso, ma aiutare questi ultimi a salire verso una sfera più alta, dove poi l’incontro, inizialmente difficile, diventerà più agevole e compiuto.
2. Chi insegna, se vuole davvero rinnovarsi, deve a sua volta imparare, ossia arricchire senza posa la sua cultura.
3. I ragazzi non amano le confusioni dei ruoli e anzi desiderano un minimo di autorità che li guidi e li corregga. Se l’autorità diventa autoritarismo è un male, ma non è minore il male opposto dell’anarchia.
4. Bisogna tener conto dell’effetto a scoppio ritardato delle lezioni, per cui tra alunno e professore si stabilisce un contatto e una forma di espansione straordinaria, che si prolunga nello spazio e nel tempo.
5. Gradualità, pazienza, soprattutto lo sforzo di comunicare con i giovani, di essere perciò chiari, la continuità delle lezioni e un controllo agli esami che non sia affetto da lungaggini e da eccessiva severità e ancora meno da rovinosi lassismi.
6. Tenere sveglio, senza distrarlo, l’uditorio talvolta anche con piacevoli parentesi o allusioni non prive di qualche ironia e umorismo.
7. Stimolare nei più giovani il senso critico, la capacità di distinguere, la ripugnanza a inghiottire dogmi e ad accettare il potere e le prepotenze senza nemmeno l’abbozzo di una rivolta morale.
8. Interessare gli alunni alla lezione, perché un alunno interessato difficilmente sarà anche indisciplinato.
9. Mantenere la disciplina è un’arte più pratica che teorica, più innata che appresa dall’esperienza, strettamente connessa alla prontezza dei riflessi e alla percezione, alla preparazione, alla misura, all’eloquenza, alla memoria e soprattutto alle capacità di suscitare interesse da parte dell’insegnante.
10. Una qualità che l’insegnante dovrebbe possedere – ma assai rara – è l’ironia, che però non deve mai degenerare in sarcasmo.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento