Mercoledì 7 aprile 2010, presso il Museo di Storia Naturale della Maremma a Grosseto si è svolta la seconda conferenza, organizzata dal Progetto Archeologico Alberese e dall’Associazione Culturale “Il Futuro della Maremma”, sul tema “Il periodo etrusco: Vetulonia, Roselle e la valle dell’Albegna”. Conferenza interessante e iniziativa sicuramente meritoria, coronate da un discreto afflusso di pubblico. Al termine della relazione, ennesima discussione sulle origini misteriose e contrastate degli etruschi. Mi sono prepotentemente ritornate alla memoria le parole che Luciano Bianciardi scriveva ne “Il lavoro culturale”, sorta di ricostruzione delle “tappe di formazione di un intellettuale di provincia tra l’immediato dopoguerra e gli anni cinquanta”, tra “il pamphlet e il saggio di costume” e, in particolare, le pagine da lui dedicate al “problema delle origini” che “ha sempre sedotto e affaticato la mente di saggi, sapienti e intellettuali: origini dell’uomo, delle specie, della società; origini del male e della disuguaglianza”. E le pagine da lui dedicate al problema delle origini di Grosseto, “piccola città, ma civile e progredita”, su questo punto divisa, tra i suoi “sapienti, dotti e intellettuali” tra le opposte fazioni degli eruditi medievalisti e degli archeologi. I primi facevano risalire le origini della città all’editto di papa Innocenzo II dell’anno 1138, in cui si riconosceva a Grosseto “il rango di diocesi” ; i secondi, invece, alle origini ancor più antiche e illustri della civiltà degli etruschi, “…che vi si erano stanziati, attratti dalla salubrità dell’aria, dalla ricchezza dei boschi – ottimo rifornimento di materia prima per i loro grandi arsenali navali – dalla fecondità dei campi”. Ma, “Gli etruschi, come tutti sanno,” – scriveva Bianciardi – “sono un popolo misterioso, venuto forse dalle coste dell’Asia Minore, o forse, via terra, dal continente europeo, ma fors’anche autoctoni, indigeni. In ogni caso erano civili e potenti prima ancora che sorgesse Roma, tanto che alla capitale avevano dato per secoli filo da torcere, ed anzi, ne erano stati a lungo dominatori. La tradizione infatti vuole che ben due re di Roma portassero il nome di Tarquinio, che è la latinizzazione di un nome etrusco. Esplicita allusione, insomma, a un governo etrusco sulla città eterna”.
...“Ce ne son anche certi che hanno sostenuto, in questi ultimi anni, l’affinità degli etruschi con i pellerossa d’America; certi riti e certe figurazioni religiose che credevamo tipiche degli etruschi si son ritrovate fra gli Irochesi del New England, fra i Sioux e persino i Mescaleros.”
“Infine” – concludeva Bianciardi – “c’eravamo noi, i giovani, la generazione bruciata”, in polemica sia “coi medievalisti eruditi e con gli archeologi”, “decisi a rompere con le tradizioni” e “con questa mitologia delle origini antichissime”.
“Gli etruschi? Ma gli etruschi non sono mai esistiti. Voi vi chiedete da dove sono venuti, se dal continente, o dall’Asia Minore, o dall’America; avanzate anche l’ipotesi che siano sempre stati qui. Ebbene, avete tutti ragione e tutti torto, cioè vi ponete un problema che non ha senso. Avrebbe senso chiedersi da dove sono venuti i piemontesi, o i toscani, o i milanesi? Non esistono popoli che, tutti d’accordo, un bel giorno prendono il mare (dove trovano tante navi, oltre tutto?) e se ne vanno altrove.
Da dove vengono i milanesi? E chi lo sa? Molti da fuori: qualcuno è venuto su perché a casa sua non trovava lavoro, qualche altro venne, da giovane, a farci il militare, e poi ha preso moglie e non si è mosso più. Altri ci sono nati e ci stanno e ci lavorano: magari vorrebbero andarsene, a Capri, o in Brasile o in Australia, ma non possono perché non hanno soldi per il viaggio, né speranza di poter campare, lontani dalla loro città. Se vi dicessero che i milanesi vengono dalla Dalmazia, cosa fareste voi? Direste certamente che è un’ipotesi sballata, no? E allora perché credere a chi sostiene che gli etruschi vennero dall’Asia minore?
Gli etruschi erano appunto come i milanesi; erano quelli che abitavano in questa zona, e da altre parti, molto tempo fa e venivano chiamati, dagli altri, dai loro vicini, con questo nome. Da dove son venuti? Chi lo sa? Da dove gli era parso giusto venire. Ma l’alfabeto, la lingua, questa lingua misteriosa e indecifrabile? Macchè indecifrabile, rispondevamo noi. A che serve cercar di decifrare la cosiddetta lingua etrusca, se il frammento più lungo è di cinquecento parole in tutto?
O forse, aggiungevamo, se proprio vi preme di salvare in un qualsiasi modo i vostri etruschi, ebbene, allora vi diciamo che gli etruschi esistevano, ma non erano un popolo: erano una minoranza che governava la nostra terra, e teneva soggetta la povera gente, e la faceva sgobbare; una minoranza di armatori navali e di grossi commercianti, e di preti. Non avete forse detto che la religione romana prese da quella etrusca una parte della sua liturgia? Una minoranza, oltre tutto, di politicanti, anzi, di fascisti. Il primo fascio littorio non è stato forse trovato a Volterra, città…antichissima…e di fondazione etrusca?”
Nelle celebri pagine successive Luciano Bianciardi riprendeva e amplificava, poi, l’immagine letteraria, di origine cassoliana, di Grosseto come Kansas City “città tutta periferia, aperta, aperta ai venti ed ai forestieri, fatta di genti di tutti i paesi” provocatoriamente e paradossalmente facendone risalire le origini e l’anno di fondazione al 1944 “né più né meno”, ad opera degli “americani”.
…Ma questa è tutta un’altra storia.
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