sabato 15 agosto 2015

Dal Collettivo Presenza e Vigilanza alla nascita dell’Agricolarte o Arte del Bisogno

Dal Collettivo Presenza e Vigilanza alla nascita dell’Agricolarte o Arte del Bisogno 1974-1977: gli anni dell’impegno sociale. Luigi Pezzato fu uno dei principali promotori ed esponenti del “Collettivo Presenza e Vigilanza dei Lavoratori della Scuola - Regione Campania”, costituitosi a Napoli sul finire dell’anno 1973 ed attivo sul territorio fino al 1977, con l’obiettivo dichiarato di finalizzare la propria attività di ricerca-azione al “recupero della realtà come totalità concreta”. A tale scopo il gruppo, inizialmente formato da operatori culturali provenienti dalla “cosiddetta area artistica”, quali – ad esempio – Pezzato, Salier, Frallicciardi, Rossi, Volpe, Giuliano, Alamaro, Iadarola, Altieri, Parente, ecc. – cui si aggiunsero ed “affiancarono altri lavoratori provenienti da differenti ambiti”, scelse di operare sostanzialmente su due piani. Il primo “riguardava la ricerca nel campo della comunicazione, sperimentando la possibilità di traslare la struttura della lingua per analogia a quella audio-spazio-visiva”, mentre il secondo riguardava l’azione concreta e l’intervento etico-politico e politico-culturale più diretto nel sociale. “In quegli anni” – come ricorda lo stesso Luigi Pezzato in una nota scritta – “il tema della morte dell’Arte” era stato, ormai, “più che sviscerato”, “permettendo di raggiungere dimensioni che spalancavano nuove prospettive all’operatore culturale”. La prospettiva e/o l’angolo visuale scelto dal collettivo e dal gruppo fu, in particolare, la coscienza dell’equiparazione ARTE = VITA, vera e propria “bandiera attorno a cui il gruppo prese ad operare”. In un manifesto del 25 marzo 1974, dal titolo “Per il recupero della realtà come totalità concreta”, il programma del Collettivo era esposto, nel caratteristico linguaggio ideologizzato dell’epoca, in modo molto chiaro: “Gli ultimi movimenti di avanguardia hanno identificato l’arte con la vita stessa riducendo così a zero la frattura tra lavoro intellettuale e manuale. Sono il contadino nei campi, l’operaio nelle fabbriche, lo studente nelle scuole i veri artefici della società, non di quella attuale, però, nella quale essi operano da sfruttati… ma di quella nuova società comunista appunto per la quale si adopera il sindacato attraverso le proprie lotte e rivendicazioni.” Numerose e variegate furono le azioni di denuncia e gli interventi che il Collettivo Presenza e Vigilanza organizzò in quegli anni con manifesti, performance e pubbliche azioni contro tutti coloro i quali, in nome di una “artisticità presunta” e per conto di comitati, associazioni e/o organizzazioni sindacali di categoria, “organizzavano mostre e manifestazioni con lo scopo reale di acquisire nuove aree di potere nella struttura della nascente Regione Campania”. In una pagina autografa della sua breve autobiografia, Luigi Pezzato ricordava come una caratteristica fondamentale della sua attività culturale negli anni dal 1974 al 1977 fosse proprio l’allargamento della “incidenza delle sue azioni nell’ambito del sociale”. Dopo essersi autodefinito come uno dei “più accaniti promotori del C.P.V.” egli ribadiva come il Collettivo Presenza e Vigilanza avesse lo “scopo principale di moralizzare e respingere l’attacco convergente che la critica ‘interessata’ con l’appoggio di non pochi faccendieri promuove per ‘donare’ alla capitale del mezzogiorno la galleria regionale d’Arte Moderna”. “Uno dei compiti che il C.P.V. ritenne prioritario” – scriveva, infatti, Luigi Pezzato a conclusione della sua breve nota - “fu quello di intervenire in tutte le occasioni che si presentavano particolarmente mistificatorie, denunciando all'opinione pubblica” le manovre più “speculative e culturalmente arretrate”; “compito che si riallacciava idealmente al filo rosso che passa per alcuni aspetti delle avanguardie storiche fino ad accostare e percorrere i presupposti impliciti delle azioni nel sociale del movimento situazionista.” Il prezzo da pagare per tale azione di aperta e radicale contestazione fu, tuttavia, piuttosto alto. “La lotta di quegli anni condotta a viso aperto” – ricordava con un po’ d’amarezza Luigi Pezzato – gli fruttò, infatti, “l’alienazione dei critici che si vendicarono ritirando opportunamente (come usano fare i gestori del potere borghese) il loro appoggio e radiandolo dalle successive ristampe di collane d’Arte”. Furono anni convulsi, confusi, contraddistinti da estremismi ideologici e repentine e spesso caotiche trasformazioni, che lo indussero poi, riflettendo con attenzione sui fatti, ad una nuova consapevolezza critica e, infine, ad approdare sul finire del 1977, con la sua ricerca, all’AGRICOLARTE o ARTE DEL BISOGNO, “eleggendo un campo situato sui monti Aurunci a luogo nel quale condurre ricerche parallele per il recupero dei gesti primordiali alle necessità dell’uomo”. Avevano così inizio una nuova fase di vita e una nuova esperienza artistica, (il movimento Agricolarte o Arte del Bisogno era “in sintesi” “Arte della Vita”), che Luigi Pezzato stesso definì inizialmente come “un periodo felice” in cui “il momento espressivo” tornò a fare di nuovo “corpo unico con il concetto da comunicare” ricomponendo e “ricongiungendo quel cerchio che era rimasto interrotto dal 1966”.

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