mercoledì 27 maggio 2020

La recensione...ritrovata!

“L’amico ritrovato” di F. Uhlman: un “capolavoro minore”. Uhlman Fred, L’amico ritrovato, Milano, Feltrinelli, 1986. Il libro, da cui è stato tratto recentemente anche un bel film per la regia di Jerry Schatzberg, è un romanzo breve o, più precisamente, una lunga novella, dal titolo originale inglese “Reunion”. Si tratta della storia - narrata dall’autore dal punto di vista di uno dei due protagonisti, Hans Schwarz, figlio sedicenne di un medico ebreo - della breve ma intensa amicizia fra questi e un suo compagno di scuola, di nobilissima famiglia, Konradin Hohenfels. Ambientata nei luoghi dell’adolescenza dello scrittore, tale amicizia nasce, fiorisce e muore nel giro di meno di un anno: dal febbraio alle vacanze di Natale del 1932, un mese prima dell’avvento di Hitler al potere. E si concluderà drammaticamente. Infatti, l’antisemitismo nazista costringerà i genitori di Hans a mandare il figlio negli Stati Uniti d’America e la breve ma profonda amicizia tra i due adolescenti sarà prematuramente spezzata...ma non in modo irrimediabile. Trent’anni dopo, Hans verrà a sapere della morte del suo caro amico Konradin, giustiziato dai nazisti per aver partecipato al complotto per uccidere Hitler, “ritrovando” così ancora vivo e intatto il ricordo e il più autentico significato del sentimento dell’amicizia. La vicenda, dall’esile trama autobiografica, è rievocata con grande nostalgia e tenera malinconia, pur sullo sfondo di una terribile e tragica catastrofe storica che travolgerà, insieme alle vite dei due giovani amici, l’esistenza di milioni e milioni di persone. Una piccola grande storia d’amicizia e sull’amicizia tra ragazzi che, come ci ricorda l’autore stesso, “costituisce una delle esperienze più preziose della vita” proprio per la sua devozione totale e disinteressata. Davvero un “capolavoro minore”. Assolutamente da leggere. La parola all’autore. “Ho esitato un po’ prima di scrivere che avrei dato volentieri la vita per un amico, ma anche ora, a trent’anni di distanza, sono convinto che non si trattasse di un’esagerazione e che non solo sarei stato pronto a morire per un amico, ma l’avrei fatto quasi con gioia...I giovani tra i sedici e i diciotto anni uniscono in sé un’innocenza soffusa di ingenuità, una radiosa purezza di corpo e di spirito e il bisogno appassionato di una devozione totale e disinteressata. Si tratta di una fase di breve durata che, tuttavia, per la sua stessa intensità e unicità, costituisce una delle esperienze più preziose della vita.” “Quanto ai problemi che ci assillavano, cercavamo di risolverli da soli, senza l’aiuto degli altri. Non ci venne mai in mente di rivolgerci ai nostri genitori. Appartenevano a un altro mondo - ne eravamo certi - e non ci avrebbero capito o si sarebbero rifiutati di prenderci sul serio. Di loro non parlavamo mai: ci sembravano lontani come le nebulose, troppo grandi e troppo cristallizzati in convenzioni di un tipo o dell’altro. Konradin sapeva che mio padre faceva il medico, così come io ero al corrente del fatto che il suo era stato ambasciatore in Turchia e in Brasile, ma la nostra curiosità finiva qui ed era forse per questo che nessuno dei due era mai stato a far visita all’altro. Le nostre interminabili discussioni avvenivano per la strada, sulle panchine o negli androni dove andavamo a rifugiarci quando pioveva. Un giorno, mentre eravamo davanti a casa mia, mi venne in mente che Konradin non aveva mai visto la mia stanza, con i miei libri e le mie varie collezioni, e, quindi, sotto l’impulso del momento, gli dissi: - Perché non entri con me?” Scheda bio-bibliografica Fred Uhlman nacque nel 1901 a Stoccarda, capitale del Wurttemberg, nella Germania sud-occidentale, da una famiglia di origine ebraica. Frequentò il liceo classico e, dopo la prima guerra mondiale, si laureò in legge. Non potè, tuttavia, esercitare a lungo in patria la professione di avvocato perché, dopo l’avvento al potere della dittatura nazista di Hitler, fu costretto a lasciare la Germania per sottrarsi alla persecuzione razziale scatenatasi contro gli ebrei. Nel 1933 emigrò, pertanto, negli Stati Uniti d’America, dove si dedicò alla sua professione di avvocato e alla sua attività di pittore. Trascorse l’ultima parte della sua vita in Inghilterra, senza fare più ritorno in Germania. Morì a Londra nel 1985. Fred Uhlman non era uno scrittore di professione e, tra i pochi esperimenti letterari da lui lasciati, solo “L’amico ritrovato” era destinato in modo esplicito alla pubblicazione. Fu, comunque, l’autore di altri due “racconti lunghi”, sostanzialmente autobiografici, e nei quali torna a riflettere sulla sua esperienza di persecuzione e di sradicamento. Anch’essi sono stati recentemente tradotti in Italia con il titolo, rispettivamente, di “Un’anima non vile” e “Niente resurrezioni, per favore”. Il vero e proprio “capolavoro minore” di Uhlman, secondo la nota definizione dello scrittore austro-ungherese Arthur Koestler, resta tuttavia proprio la novella “L’amico ritrovato”, di cui si raccomanda ancora una volta la lettura. P.S. Questa recensione fu preparata per il mensile d’informazione del Quartiere San Rocco di Monza “Sottopasso”, di cui uscì solo il primo numero nel luglio 1991, anno 1, n.° 0, in attesa di autorizzazione, per la rubrica “Il piacere della lettura”. Non fu mai pubblicata. Il mensile, direttore responsabile Salvatore Pendolino, e della cui redazione facevano parte Giorgio Biffi, Elvio Bramati, Alberto Fontana, Adelfio Moretti, Ennio Ripamonti, Antonella Tarsi, oltre al sottoscritto, nacque “autonomo, indipendente, utile, locale, progressista” e soprattutto “povero” ma fu “stroncato” sul nascere.

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