mercoledì 21 aprile 2010

Un luogo, un tempo: Niccioleta, 1944

Il libro è “Un luogo, un tempo” di Bruno Travaglini, Firenze, Il Ponte Editore, 2003. Mi è stato suggerito da una mia ex-alunna, Consuelo Santi, giovanissima adolescente. C’è ancora speranza, se questo accade. Se accade, cioè, almeno talvolta, che sia un’alunna a consigliare al suo professore un buon libro e non solo viceversa.
L’autore, minatore nella miniera di mercurio di Abbadia San Salvatore dal 1951 al 1959 e licenziato, dopo una lunga lotta sindacale, insieme ad altri 80 colleghi di lavoro, successivamente impiegato presso la Segreteria Generale del Comune di Siena, ha spesso incontrato in questi ultimi anni, per presentare il suo libro, gli studenti delle scuole, in alcune delle quali esso è stato anche adottato come lettura guidata di narrativa.
Nel suo libro, giustamente definito da Pietro Scoppola nella prefazione, “bello, avvincente, scritto con grande semplicità ed eleganza, spontaneo ed efficace nel ricostruire ambienti e figure”, Bruno Travaglini rievoca con commossa partecipazione un luogo e un tempo. Il luogo è quello di Niccioleta, un villaggio minerario in provincia di Grosseto, nelle Colline Metallifere, a poca distanza da Massa Marittima, nato e sviluppatosi per volontà della Montecatini, a partire dagli anni ’30, intorno ad una miniera di pirite, dove il protagonista è cresciuto e vissuto felicemente “nel decennio precedente la seconda guerra mondiale” e che fu costretto ad abbandonare “drammaticamente alle soglie dell’adolescenza…quando la tragedia della guerra travolse la nostra comunità”.
Il tempo, il “tempo dominante”, è quello delle “poche ore di una feroce strage compiuta dai nazisti il 14 giugno del 1944”, forse “uno degli eventi più drammatici e violenti dell'occupazione nazifascista della Maremma” e “la prima strage operaia della guerra di liberazione”.
A quel luogo e a quel tempo sono stati, non a caso, dedicati diversi altri libri. Oltre ai contributi di Emilio Zannerini, “Il massacro della Niccioleta”, edito a cura della Federazione Provinciale Sindacato Minatori ed esplicitamente citato da Bruno Travaglini nel suo libro e di Carlo Cassola, “La strage di Niccioleta”, ricordiamo, tra gli altri: "La memoria di Niccioleta" a cura di Lucio Niccolai, Marzio Mambrini e Mario Papalini, Effigi, 2003; "Femminile in nero. Niccioleta, giugno 1944" di Massimo Sozzi; "Un coro di voci sole" di Katia Taddei; nonché gli studi e le ricerche storiche di Michele Battini e Paolo Pezzino, culminate nel libro di quest’ultimo, “Storie di guerra civile. L’eccidio di Niccioleta”, Bologna, Il Mulino, 2001 .Un vero e proprio “coro di voci diverse”, tra ricostruzioni storiche, ricordi e riflessioni, al tempo stesso.
Diluito – come scrive ancora Pietro Scoppola – nel “tempo lungo” dei “ricordi e della memoria di un bambino, testimone di quella strage e autore del volume”, il libro racconta in modo vivido e coinvolgente “la storia di Bruno, della sua famiglia, del suo villaggio, dei suoi abitanti e soprattutto dei minatori che ci hanno vissuto, lavorato e che hanno pagato con la vita il generoso e ingenuo tentativo di difendere la loro miniera dai nazifascisti in fuga”. Da allora sono trascorsi, oramai, oltre 65 anni e il mondo è profondamente cambiato e, insieme al mondo, anche il paesino di Niccioleta, anche se Bruno Travaglini non sembra riconoscerlo del tutto, se egli scrive:”…solo il nostro villaggio è rimasto tale e quale: Niccioleta è sempre la solita, è lì, ogni anno più vecchia e scolorita, ma sempre la stessa…solo la scuola non c’è più, l’hanno trasformata in appartamenti perché ormai ci sono pochi bambini in età scolare. Non come ai tempi nostri che eravamo una marea”.
Dedicato dall’autore ai suoi nipoti, il libro si chiude con l’elenco dei cognomi e nomi delle vittime della strage, tra le quali il padre dell’autore, Marsilio Travaglini, commovente omaggio alla loro memoria. “Di loro e della loro morte” – scrive l’autore, con amarezza e angoscia insieme, nell’ultimo breve capitolo del libro – “non si ricorda più nessuno, non hanno imparato niente, non vogliono sapere niente. Solo i vostri figli…e altri cento, duecento vi ricordano, gli altri no! Non vogliono ricordare, non vogliono sapere…Scriverò i vostri nomi e, per un istante, ritornerete nella mia memoria e nel mio cuore”.
L’indubbio valore e merito del libro sono tutti qui, e non è certamente poco, anzi è moltissimo!. Non solo nel bisogno intimo e personale di restituire voce, occhi, corpo e vita ad un’intera piccola comunità e alla propria infanzia, sottraendole in tal modo – grazie al potere evocativo della parola – all’oblio inesorabile del tempo; ma anche nella “necessità di sollevare la cappa di colpevole silenzio, stesa dagli uomini su una vicenda che ha tutti i connotati di un delitto contro l’umanità…per far rivivere quel crimine…e per non lasciare solo alle lapidi e ai monumenti…il ricordo delle sofferenze patite da un’intera comunità”.
“Non è un libro di storia”, il libro di Bruno Travaglini, come è stato giustamente affermato da Pietro Scoppola. Piuttosto di “memorialistica”, ma un libro che, comunque, “alla storia porta un contributo originale, di grande interesse”, “un esempio concreto e significativo di cosa il ricordo e la memoria dei protagonisti possono portare alla conoscenza storica”. Pietro Scoppola conclude la sua bella prefazione, così scrivendo: Bruno Travaglini “sente con amarezza e quasi con angoscia il rischio dell’oblio; intuisce che il vero superamento di quelle barbarie di cui è stato testimone da bambino è solo nella memoria, nella coscienza critica del passato. In realtà, al di là dell’amarezza e dell’angoscia, a questa memoria e a questa coscienza critica il suo libro porta un sofferto contributo.”
Un libro da leggere, insomma, anche per aiutarci a non dimenticare le atrocità della guerra, in cui il fascismo trascinò il nostro paese, e per ricordare in modo degno, con un 25 aprile di festa, la Festa del 25 Aprile, nel 65° anniversario della Liberazione dell’Italia dal fascismo.

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