IV Scuola Media Statale
San Maurizio al Lambro – Cologno Monzese (MI)
Anno Scolastico 1990-1991 Classe III A
Piccola Antologia di Poeti contro la guerra e di poesie per la pace
(A cura del prof. Aldo Maiorano)
Presentazione
Questo fascicoletto raccoglie alcune composizioni poetiche di autori diversi sul tema della guerra e della pace. L’idea di realizzarlo è sorta in seguito alla pubblicazione ad opera del settimanale “Avvenimenti” (supplemento al n.° 7, 20 febbraio 1991) dell’Antologia “E come potevamo noi cantare. Poeti contro la guerra”.
Erano, com’è noto, i giorni in cui ancora infuriava la guerra nel Golfo e l’opinione pubblica era visibilmente scossa nelle coscienze ma anche profondamente divisa al suo interno tra interventisti e non interventisti.
Come affrontare, al livello di una scuola media inferiore e in qualità di docenti ed educatori, il compito certamente difficile e delicato ma, ciò nonostante, non eludibile di informare i ragazzi e di rispondere alle loro domande e alle loro inquietudini spesso angoscianti, senza correre il rischio di condizionarne strumentalmente le coscienze?
Al sottoscritto è parso didatticamente ed educativamente utile e giusto proporre all’attenzione dei ragazzi proprio la lettura e l’analisi di alcuni testi poetici e di promuovere la loro riflessione sugli avvenimenti in corso, proprio a partire dal modo in cui i poeti hanno in passato affrontato in versi simili argomenti. Tale scelta si è inserita, peraltro, a pieno titolo nei programmi di Italiano, Storia e Geografia, educazione Civica per la classe terza, i quali prevedono in modo esplicito la trattazione organicamente collegata di questi temi.
Oltre al consueto lavoro di lettura, analisi linguistica, parafrasi e commento, i ragazzi della III A hanno anche trascritto i testi in oggetto su alcuni cartelloni, successivamente affissi in un corridoio della scuola.
Insieme a questi testi, nudi e crudi e senza alcuna nota introduttiva e/o di commento, si riproduce il documento sulla Guerra nel Golfo sottoscritto, nel febbraio 1991, da un gruppo di insegnanti della IV S. M. S. di via Enrico Toti.
San Maurizio al Lambro – Cologno Monzese (MI)
Aprile 1991
Prof. Aldo Maiorano
I sottoscritti insegnanti della IV Scuola Media Statale di Cologno Monzese
MANIFESTANO
La loro profonda inquietudine per gli sviluppi sempre più gravi e drammatici e per i costi umani, sociali, politici, economici, culturali ed ecologici sempre più tragici e devastanti della Guerra del Golfo.
AFFERMANO
La necessità di una soluzione giusta e pacifica del conflitto e del ripristino del diritto internazionale nei confronti di tutte le nazioni che l’hanno impunemente violato, prima, durante e dopo l’ingiustificata ed ingiustificabile invasione del Kuwait ad opera dell’Iraq di Saddam Hussein.
AUSPICANO
Il successo di tutte le iniziative diplomatiche in atto volte a far cessare il fuoco e a promuovere, da un lato, il ritiro dell’Iraq dal Kuwait e, dall’altro, la convocazione di una conferenza internazionale per la pace in Medio Oriente, per garantire sia il diritto del popolo palestinese ad una patria che l’esistenza e la sicurezza dello stato di Israele.
RIBADISCONO
Nella duplice qualità di cittadini ed educatori, il loro ripudio morale e politico della guerra come unico mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, in coerenza con la lettera e lo spirito dell’art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana.
ESPRIMONO
La loro crescente preoccupazione per gli effetti laceranti di una guerra che sempre più sta alimentando pericolose fratture e divisioni tra Nord e Sud del mondo, tra popoli, culture e fedi religiose diverse, accentuando, al tempo stesso, dannosi sentimenti di razzismo antiebraico ed antiarabo, in contrasto con gli autentici valori umani cosmopoliti, interetnici ed universali, di cui la Scuola ha, in primo luogo, il compito di farsi promotrice.
RESPINGONO
In qualità di educatori e formatori delle coscienze delle giovani generazioni:
a) la manipolazione tecnologica e spettacolare della guerra, operata da una parte dei mass-media e degli organi di stampa, quale mera operazione tecnico-chirurgica, asettica, intelligente e scientifica;
b) il bellicismo propagandistico e la militarizzazione delle coscienze;
c) il cinismo e l’indifferenza morale nei confronti della popolazione civile barbaramente sottoposta ad incessanti bombardamenti ed indiscriminati lanci di missili;
d) l’emarginazione del dissenso tendente a limitare la libertà di espressione, di informazione e di dibattito politico e civile:
e) l’uso strumentale ed ideologico delle differenti opinioni in campo.
INVITANO
I genitori e la cittadinanza tutta a riflettere, nei modi e nelle sedi più opportune, sui valori fondamentali della convivenza pacifica, della tolleranza, del rispetto della diversità contro tutte le forme di violenza, di razzismo e di egoismo comunque mascherate.
San Maurizio al Lambro – Cologno Monzese
20 febbraio 1991
Testi
di Bertolt Brecht
(Germania, 1898-1956)
La guerra che verrà
non è la prima.
Prima ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima
c’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
faceva la fame.
Fra i vincitori faceva la fame
la povera gente egualmente.
Quando chi sta in alto parla di pace
la gente comune sa
che ci sarà la guerra.
Quando chi sta in alto maledice la guerra
le cartoline precetto sono già compilate.
Chi sta in alto dice:
si va verso la gloria.
Chi sta in basso dice:
Si va verso la fossa.
Avevo un fratello aviatore.
Un giorno, la cartolina.
Fece i bagagli, e via,
lungo la rotta del sud.
Mio fratello è un conquistatore.
Il popolo nostro ha bisogno di spazio;
e prendersi terre su terre,
da noi, è un vecchio sogno.
E la terra che si è conquistato
è sui monti del Guadarrama.
È di lunghezza un metro e ottanta,
uno e cinquanta di profondità.
Generale, il tuo carro armato
è una macchina potente.
Spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.
Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido d’una tempesta
e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.
Generale, l’uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
Può pensare.
Se questo è un uomo
di Primo Levi
(Italia, 1919-1987)
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via
coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
La Pace
di Li Tien Min
(Cina)
Non importa che tu sia
uomo o donna,
vecchio o fanciullo,
operaio o contadino,
soldato o studente o commerciante.
Non importa quale sia
il tuo credo politico
o quello religioso.
Se ti chiedono qual è la cosa
più importante per l’umanità
rispondi
prima
dopo
sempre
la Pace.
Il sangue
di Ndjock Ngana
(Camerun)
Chi può versare
Sangue nero
Sangue giallo
Sangue bianco
Mezzo sangue?
Il sangue non è indio,
polinesiano o inglese.
Nessuno ha mai visto
Sangue ebreo
Sangue cristiano
Sangue musulmano
Sangue buddista.
Il sangue non è ricco,
povero o benestante.
Il sangue è rosso.
Disumano è chi lo versa,
non chi lo porta.
Salvatore Quasimodo
(Italia, 1901-1968)
Alle fronde dei salici
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
Milano, agosto 1943
Invano cerchi tra la polvere,
povera mano, la città è morta.
È morta: s’è udito l’ultimo rombo
sul cuore del naviglio. E l’usignolo
è caduto dall’antenna, alta sul convento,
dove cantava prima del tramonto.
Non scavate pozzi nei cortili:
i vivi non hanno più sete.
Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:
lasciateli nella terra delle loro case:
la città è morta, è morta.
Giuseppe Ungaretti
(Italia, 1888-1970)
San Martino del Carso
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro.
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto.
Ma nel cuore
nessuna croce manca.
È il mio cuore
il paese più straziato.
Soldati
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.
Veglia
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore.
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.
Gianni Rodari
(Italia, 1920-1980)
Promemoria
Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola,
a mezzogiorno.
Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per non sentire.
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra.
Omaggio a Prevert
Io guardo un albero
Tu fumi la pipa
Egli ascolta Mozart
Noi mettiamo a letto i bambini
Voi fate l’albero di Natale
Essi fabbricano la bomba atomica.
Io vado alla partita
Tu leggi un libro giallo
Egli compra un ombrello
Noi facciamo all’amore
Voi parlate di percentuali
Essi innescano la bomba atomica
Io suono il clacson
Tu dai un pesce alla foca
Egli perde un tacco
Noi ci grattiamo un orecchio
Voi mangiate carciofi freschi
Essi lanceranno la bomba atomica
Filastrocca corta e matta
Filastrocca corta corta,
il porto vuole sposare la porta,
la viola studia il violino,
il mulo dice: - mio figlio è il mulino;
la mela dice: - mio nonno è il melone;
il matto vuol essere un mattone,
e il più matto della terra
sapete che vuole?
Vuol fare la guerra!
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Prof io questo me lo ricordo molto bene,alcune di queste poesie le so ancora a memoria.un caro saluto,claudia pucci
RispondiEliminaLA GUERRA
RispondiEliminaQuell’odio fratricida di Caino
Pose la base per la guerra
Trasformando l’uomo in assassino
Mentre sparge sangue in terra
Desideroso d’essere esaltato
Non padroneggiò ira e gelosia
Verso quel suo fratello odiato
E si trasformò in venefica alchimia
Le ideologie perverse e immonde
Ramificate nel pensiero umano
Come cancrena si diffonde
Con l’omelia del Clero e del Sovrano
Per la volontà di non voler amare
E per l’ingorda avidità umana,
In terra, in cielo e in mare,
L’uomo, come una belva, sbrana.
La Guerra è sempre ingiusta
Perché non vince chi ha ragione,
Ma chi rende l’altrui vita angusta
Con la forza e l’oppressione
Seguendo la legge del più forte
E calpestando principi universali
Dispensa solo sofferenza e morte
E non rende gli uomini uguali
L’uomo, esaltando la ragion di stato,
I miti della razza e pur l’economia,
È disposto ad essere ammazzato
In nome di una puerile ideologia
Chiudono la bocca al Dialogo,
Sordomuta resta la Diplomazia,
Corrono a sostener la Guerra
Lo stratega, la Scienza e la Tecnologia
Per quella chiamata “Santa”, oppur “Civile”,
Nonché “d’Indipendenza” o per la “Libertà”
La Guerra è più sporca di un porcile
Giustificata sempre da grandi falsità
Dicendo che col sangue nemico lavano,
Le Colpe, le Offese e il Disonore,
Quegli occhi pieni d’odio non vedono
Il sudiciume di tutto quell’ orrore
I morti, per scrupolo morale e religioso,
Con un eufemismo li chiamano: “Caduti”,
Ma quei morti, per i capricci di un esoso,
Furono prima ingannati e poi fottuti
A volte fan più senso i vivi che i morti
Scarni e con gli occhi volti al vuoto
Come corpi che dalle tombe son risorti
Vagando in cerca di un paradiso ignoto
Al pianto della vedova e del bambino,
Il milite cerca falsa gioia nel Bordello
E la prostituta, in cambio del quattrino,
Vende il suo corpo alla “Carne da macello”.
Si diffondono mortali malattie veneree
Disertano il lavoro agreste o di laboratorio
Il mondo si riempie di lacere miserie
E si trasforma in un tragico mortorio
Questo è il sacrificio offerto sull’altare
Di quell’Iddio che il mito chiamò: Marte
Per non voler agire con amore,
Genera distruzione, lacrime e Morte.
A fine Guerra, chi vinse, i vinti e gli obiettori,
Contano le vittime che vi han partecipato
Si chiedono se, da tutti quegli orrori,
Qualche lezione l’uomo abbia imparato
Uccidere chi uccide, per dimostrare,
Che uccidere qualcuno sia sbagliato,
Rimane assai difficile da spiegare
Ad un popolo che si stima emancipato
Assieme ai traumi, rimangono feriti,
Il fisico, la mente, e pure il cuore
Col dubbio, che i morti non siano serviti
A debellar la Guerra, il cui spirito non muore
Anche se finisse la guerra col nemico,
Continuerà quella contro se stesso
Se l’uomo della Vita non è amico
E non ama gli altri come se stesso
Al sangue di Abele, che grida ancora,
S’aggiunge quello con cui scritta fu la Storia
Di una civiltà che la vita disonora
Perché si crede superior con la sua Bòria
L’unica pace che la Guerra abbia portato,
Sia la guerra di un Regno o di un Impero,
Oppure quella del Magnate o del Papato,
È solo la Pace che regna al Cimitero.
Vitaliano Vagnini - (Febbraio 2018)