martedì 29 giugno 2010

Gramsci e il padre

http://www.fondazionegramsci.org/A6Web/24M1.htm

http://www.gramscitorino.it/ADMIN/downloadDB.asp?iddoc=208

Chi l'avrebbe mai immaginato di finire nella Bibliografia della Fondazione Gramsci per questa lettera pubblicata su “Rinascita”, il 22 ottobre 1988?!


Caro direttore,
nel volume miscellaneo “Antonio Gramsci. Le sue idee nel nostro tempo, Editrice L’Unità, 1987 – pubblicato in occasione del 50° anniversario della morte di Gramsci – ho letto, tra gli altri, con estremo interesse, il contributo di G. Fiori, dal titolo “L’universo affettivo di Nino”. Mi ha, in particolare, colpito un’affermazione di Fiori, autore peraltro di una bellissima biografia di Gramsci, sul rapporto tra Gramsci stesso e suo padre. Scrive, infatti, Giuseppe Fiori: “Più volte ho ripensato a questa figura paterna rimossa da Gramsci. Non esiste traccia di lettera indirizzata a lui. E nella vastità degli scritti gramsciani, pur così ricchi di riferimenti autobiografici, mai una volta il padre è richiamato per un qualsiasi motivo. Una cancellazione radicale. Perché?”
Eppure, proprio nello stesso volume, è pubblicata una lettera, con un riferimento preciso al padre, scritta da Gramsci nel 1933 alla cognata Tania ( e a lei mai giunta, perché bloccata dalla censura del carcere di Turi). Si tratta di una lettera poco conosciuta, rinvenuta solo nel 1965, fra altri documenti, nell’Archivio di Stato. In essa, con toni estremamente toccanti e drammatici, Gramsci parla della propria “catastrofe” fisica e, rievocando la sua nota caduta infantile, richiama esplicitamente proprio il nome del padre, così scrivendo: “Nel 1911 ad Oristano in casa di mio zio conobbi il dottor Cominacini che mi aveva curato allora (da bambino) e aveva cercato di impedire le conseguenze della catastrofe. Mi dispiace toccare questo motivo, ma tanto mio zio che il Cominacini mi dissero con abbastanza franchezza (o brutalità che sia) che la causa delle mie disgrazie era stata la trascuratezza e l’apatia di mio padre e che curato a tempo avrei potuto essere salvato”.
Gramsci, nel 1911, aveva vent’anni. Non è forse possibile, allora, ipotizzare – pur non tralasciando le altre legittime interpretazioni ricordate da G. Fiori – che la rimozione della figura paterna sia stata, per Gramsci, motivata anche dal risentimento, umanamente comprensibile, nei confronti delle responsabilità del padre per le sue infelici condizioni fisiche? È un piccolo, certo, forse insignificante particolare che, però, potrebbe ancor più sottolineare la straordinaria drammaticità della vicenda umana di Gramsci, la cui nobile figura morale, intellettuale e politica – si spera – possa ancora rappresentare per i più giovani un esempio ancora vivo ed attuale….di carattere, forza e coraggio nei propri ideali.
Aldo Maiorano
Sesto San Giovanni (Milano)

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